giovedì 8 giugno 2017

Schegge di Halloween

Sull'onda di 27 mini-Natali da brivido!, ecco altri tre raccontini di 1.000 caratteri ciascuno:

Il costume

Si sentiva un pirata che frugava nella stiva alla ricerca di un tesoro. Da cosa si sarebbe vestito: vampiro, lupo mannaro? Dal piccolo oblò i lampi illuminavano a giorno la soffitta, rivelando ragnatele nascoste. I rami più alti, sferzati dal vento, grattavano la finestrella come dita rattrappite di una vecchia megera. Andrea ispezionava gli scatoloni con una torcia, in cerca dell'ispirazione. Vecchi abiti, pezzi di stoffa, guanti spaiati, berretti bucati. Notò un piccolo scrigno. Soffiò via la polvere e lo aprì. C'era una foto ingiallita di suo padre, giovanissimo e a torso nudo accanto a un capo indiano; sul fondo una benda consunta. La prese in mano. Gli occhi si incassarono nelle orbite, la pelle si rattrappì; le ossa si frantumarono come biscotti secchi finché risorse come un Golem di sabbia e polvere. 

 
Le due zucche


“E' pronto, vieni su!”
Non sopportava la voce stridula della madre.
“Sto facendo la zucca, mangio dopo,” rispose Marco.

Suonarono alla porta.
“Ciao Marco,” era il vicino di casa. “C'è tua mamma?”
“E' giù nel seminterrato, venga...” Marco si inabissò nella penombra delle scale. L'anziano lo seguiva riluttante.
“Mamma, c'è Paolo,” annunciò Marco.
Il vecchietto sgranò gli occhi ed esplose in un urlo disumano.
“Ciao Paolo, qual buon vento?” La voce di Marco si era fatta stridula.
Il vicino si aggrappò allo stipite per non cadere. Sul tavolo una testa di donna lo fissava dalle orbite straziate, maciullate col coltello.
Il vecchio si lasciò scivolare lungo il muro implorando. Marco aveva occhi da predatore. Ardenti.

“E' pronta la cena!” disse Marco guardandosi nello specchio.
“Devo finire la zucca, te l'ho detto mamma.”
“Ecco perché non hai amici e non piaci a nessuno, rimarrai da s... Sta zittaaa! Guarda cosa mi hai fatto fare!”
“Così hai un'altra zucca per Halloween...”
“Hai ragione mamma!”

Racconti di paura


“Era la notte di Halloween, come oggi e nel bosco si aggirava un mostro...” Sotto la tenda, al buio, Marco raccontava, sul viso la luce spettrale di una torcia. Uno dei suoi amici sospirò, gli altri tre erano congelati in un terrifico silenzio.
“A un tratto sentirono un rumore dietro i cespugli. Il più spavaldo andò a controllare e...”
“Si è fatto tardi, ragazzi.” La madre di Marco irruppe in camera e accese la luce, rovinando sul più bello tutto il divertimento.
I quattro ricacciarono indietro gli urli, delusi ma anche un pochino sollevati.
“Dai Marco, è ora di cena, non perdere tempo, ammazzali che poi devo cucinarli.”
Gli amici fissarono tutti Marco nello stesso istante. Le sue fattezze stavano lentamente sfumando in qualcos'altro. Qualcosa di bestiale, di primitivo. Di non umano. E si alzarono grida, artigli lacerarono, sprizzarono sangue e interiora. La madre di Marco sorrideva; le madri di quei quattro ragazzi, ignare, addobbavano i giardini di sciocche zucche intagliate.



Che ne dite? 3.000 battute sono bastate a terrorizzarvi?!

Il guerriero venuto da un altro mondo


- Non m’inchino alla principessa. Mi inchino alla ragazza di cui m’innamorai al primo sguardo, - sussurrò tenendo gli occhi bassi; solo all’ultimo li alzò lentamente verso quelli azzurri, grandi, di lei. Intorno echeggiavano le urla animalesche delle migliaia e migliaia di orchi e troll schierati e pronti all’assedio, rimbombava il frastuono delle lance e delle sciabole battute sugli scudi, ma era come se una bolla di silenzio li avesse avvolti e li tenesse su un altro piano di realtà. La principessa e il capo delle sue guardie, sul camminamento delle alte mura. Una giovane donna e un ragazzo senza età che forse si erano amati da sempre, silenziosamente, forse ancor prima di rendersene conto. E adesso quella rivelazione: Aeryn rimase impietrita. Le lacrime premevano su quegli occhi dolci e indifesi che lui aveva e avrebbe protetto a costo della vita, sempre, contro chiunque. Lui che era giunto per conquistare e aveva finito col servire.
Quella dichiarazione era esplosa dentro di lei con un fragore sconvolgente. Mentre intorno il regno si avviava all’epilogo, proprio per questo anzi. Quando lui era la sua unica speranza. La minaccia della fine l’aveva costretta ad ammettere con se stessa che forse lei lo sapeva, l’aveva sempre saputo. Adesso poteva essere tardi: rischiava di non poter mai più pronunciare le due parole più entusiasmanti del mondo. Quel pensiero la investì come un’ondata gelida. Le lacrime scorrevano copiose, ora. - Anche io, - bisbigliò. Il cuore del guerriero perse un battito. Rimase coi suoi occhi scuri piantati in quelli di lei, cercando una conferma definitiva. La certezza che avrebbe cambiato la sua vita. Lui che era sempre vissuto per combattere; per sconfiggere avversari sempre più potenti; sempre e solo per se stesso. Considerando l’amore una debolezza: in combattimento o in guerra non puoi permetterti di preoccuparti per una compagna o per una figlia. Devi sempre batterti col cuore vuoto. Vuoto e duro, una pompa che deve irrorare i muscoli per sferrare colpi, niente di più. - Ti amo anch'io, - continuò lei, la voce ora più ferma, a ribadire la forza di quel sentimento contro la distruzione e la ferocia imminenti. - Ma che differenza fa ormai, - concluse con un lamento, appoggiandogli le mani sulle spalle. Lui si alzò in piedi, prendendole le mani e stringendole nelle sue. - Che differenza fa? - le domandò con voce tremante. - Che differenza fa... - ripeté in tono più risoluto. La principessa vide gli occhi accendersi, sfumature blu balenarono nelle iridi marroni. Sentì irradiarsi un’energia calda, come se ardesse un fuoco dentro di lui. Era piacevole, rassicurante. L’energia divenne una leggera brezza che le agitò i capelli e le vesti vaporose. Poi successe: una vampata di luce, un turbine dorato lo avvolse tramutando in azzurri i suoi occhi e in biondi i suoi capelli. - Fa che devono tremare!!! - urlò il guerriero girandosi di scatto verso la marmaglia ammassata nel fossato. Ogni rumore cessò. Il clangore delle armi, le urla, i versi e le imprecazioni di quello sterminato abominevole esercito furono annichiliti in un istante. Guardavano tutti quello che credevano un essere umano e che invece veniva da molto lontano; e l’istinto suggeriva loro che si sarebbero schiantati contro qualcosa di implacabile. Un presagio di morte aleggiava ineluttabile sul campo di battaglia. Come ogni animale abituato a fiutare l'aria della foresta cercando la traccia della preda, la venuta di un predatore o il sentore di una sciagura incombente, l'accozzaglia suppurante dalle fauci grondanti bava capì, fin nell'animo dell'orco più insignificante, minuto e deforme, che per loro non ci sarebbe stata un'altra alba.