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sabato 16 agosto 2014
Un vecchio cimelio
La lingua di fumo si alzava sottile e sinuosa dal comignolo al limitar del bosco, appena più chiara della notte senza luna.
- Vieni giù caro, la cena è pronta, - esclamò Sandra dando l'ultima mescolata allo stufato di montone. Dalla soffitta Hoguar non rispondeva.
La moglie sospirò. Ormai sapeva che quando il vecchio mago si metteva in testa una cosa, nemmeno l'incantesimo più potente riusciva a farlo desistere. Il pentolone ribolliva sopra la fiamma vivace e il profumo delle patate e dei peperoni si insinuava negli interstizi in pietra, accarezzando le venature dei mobili in castagno.
- Ma dove cavolo è?! Oh, sempre così. Ogni volta che cerchi qualcosa non si trova mai... - sbraitava Hoguar.
- Dai che si raffredda! - gridò Sandra.
Dalla soffitta i rumori di cianfrusaglie spostate continuavano, interrotti solo da cupi brontolii e sonore imprecazioni.
- Eh... - la moglie sbuffando sganciò la pentola e la appoggiò un po' a fatica sul tagliere a centrotavola. Dalla finestrella circolare si vedeva la neve posarsi come zucchero a velo.
La tavola imbandita aspettava solo lui: stufato fumante e crostata di more per dolce. Da bere birra scura e idromele. La cena ideale da gustarsi al calduccio di un camino, a lume di candela con la consorte, mentre fuori qualche lupo ululava al rigido inverno.
Ma quella sera Hoguar si era fissato che doveva ritrovare il suo bastone da rabdomante.
Chino sotto il tetto spiovente, con la barba grigia che spazzava le assi polverose, apriva scatoloni, esaminava pergamene e spostava alambicchi. Ogni tanto si imbatteva in qualche barattolo dall'etichetta misteriosa che non ricordava di aver preparato.
- Bile di lucertola... - bofonchiava - cura mal di stomaco, crampi e spossatezza. Cinque gocce la sera per tre giorni... bah... sarà scaduto. E se lo gettò alle spalle, senza romperlo per fortuna.
- Guarda che io comincio a mangiare... - l'avvertimento che gli giunse nitido lo fece arrabbiare ancora di più ma si sforzò di mantenere la calma.
- Domani voglio fare lezione di rabdomanzia. Hai visto il mio bastone?
- No. Lo sai che non metto mai mano alle tue cose, se no poi mi dai sempre la colpa quando non le trovi.
- Eggià. Chissà dove me l'avrà messo... - bisbigliò Hoguar. - Ahia! - girandosi urtò qualcosa col piede. Una sfera azzurra rotolò fuori da un drappo cencioso.
- E questo? - sussurrò il mago. Lo sollevò alla fioca luce della lanterna ed esaminandolo notò all'interno un minuscolo magma arancione pulsante.
- No... - esclamò stupito. Gli occhi si accesero dietro le spesse lenti e un sorriso si allargò lentamente. - Non ci credo... il mio primo Palantìr... (1)
- Sandra, guarda cosa ho trovato! - disse inforcando di corsa la scala a chiocciola.
La moglie si girò verso di lui finendo il boccone e gli lanciò un'occhiataccia.
- Ah... buon appetito cara. Guarda: il Palantìr che mi avevano regalato i miei per il diploma!Saranno passati... - e si mise assorto a contare sul soffitto, - be' adesso non ricordo, un sacco di anni comunque!
- Oh, davvero uno spettacolo. Spero per te che quel coso possa farti apparire una succulenta cenetta romantica, perché per stasera lo stufato te lo scordi! E io scema che perdo tempo a cucinare, farti le crostate, mettere le candele...
- Dai Sandra scusa... - tentò Hoguar. La moglie si girò e continuò a mangiare.
- Tadàn! - esultò lo stregone facendo apparire da dietro la schiena una rosa grande come un cocomero e con ogni petalo di un colore diverso.
Rimase inizialmente contrariata, ma poi finì come al solito per accettare il regalo e sorridergli bonaria. - Sposare un mago ha anche i suoi vantaggi. Vabbe' sei perdonato... puoi mangiare.
- Grazie mille cara, che farei senza di te! Fammi un attimo provare se funziona ancora...
- Ma allora ci fai. Non vuoi proprio cenare stasera eh...
- No, dai. Un secondo solo. Vediamo cosa mi riserva il futuro.
Iniziò a bisbigliare la formula muovendo adagio entrambe le mani intorno alla sfera.
All'improvviso sgranò gli occhi, fece un balzo indietro soffocando un grido e scivolò a terra dopo aver inciampato sulla sedia.
- Che succede, cosa hai visto?! - implorò Sandra.
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(1) I Palantíri (al singolare Palantír), chiamati anche Pietre Veggenti e Pietre Vedenti, sono manufatti di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien.
mercoledì 6 agosto 2014
L'appuntamento
Sede della Future Fight S.R.L., Tokyo, Giappone, anno 2054
Un sorriso artificiale si fece largo come una nota stonata sul viso di cuoio di Yoshida Kasumoto, mentre le andava incontro a lunghe falcate e a braccia spalancate.
- Signorina Watanabe, che piacere! - L'esclamazione rimbombò nella maestosa hall pervasa dai giochi di luce delle vetrate e degli infissi metallici.
- Piacere mio! - rispose la giovane porgendogli la mano e cercando lo sguardo dietro le inseparabili lenti scure.
- Grazie per essere venuta di domenica, signorina Midori. Mi segua, l'accompagno allo studio.
Entrati in ascensore Kasumoto premette il pulsante dell'ultimo piano e, come sempre accade secondo una legge non scritta ma universalmente riconosciuta, salirono in silenzio malcelando un leggero imbarazzo.
Le porte si aprirono con un sibilo. Si trovarono davanti un lungo corridoio su cui si affacciavano tante porte tutte uguali, con la maniglia in ottone, una targa nera e una lampadina rossa in cima (essendo giorno festivo le lampadine erano tutte spente).
Il lusso che l'aveva accolta al pianterreno aveva lasciato il posto a un intonaco leggermente annerito. Midori avvertiva una strana inquietudine mentre avanzava sul tappeto logoro di moquette rossa. Non c'erano più quadri alle pareti. Kasumoto le camminava a fianco, lanciando occhiate furtive alla palpitante scollatura che premeva sulla camicetta.
- Eccoci. - annunciò il vecchio presentatore spalancando l'ultima porta in cui confluiva il corridoio.
Midori entrò pensando alla stratosferica cifra dell'ingaggio e forse per questo non diede peso alla fotografia sotto la targa.
All'interno un'unica scrivania a ferro di cavallo costeggiava un mega schermo.
- Questa, signorina Watanabe, è la sala da cui mandiamo in onda La Caccia.
Midori si guardò intorno ispezionando la stanza. - E vuole che io l'affianchi nella conduzione, esatto?
- Esatto. Lei è molto famosa e, se posso permettermi, anche molto bella - disse in tono mellifluo scivolando sulla scollatura. - Con lei attireremo una fascia considerevole di pubblico giovane e gli ascolti schizzeranno alle stelle, più di quanto facciano già!
- Non le nascondo che l'idea mi alletta, - si sbilanciò Midori fantasticando sulla cifra a sei zeri, - ma per telefono non mi ha detto nulla sui contenuti del programma, mi spieghi un attimo...
- Certo signorina Watanabe, con piacere, siamo qui per questo. - Raccolse un telecomando dalla scrivania e un bagliore azzurrognolo infuse vita al pannello LCD da cento pollici.
Le immagini scorrevano, le urla e i boati dirompevano in stereofonia.
PAUSE. Kasumoto ripose il telecomando. - Ecco, questo le può bastare, credo, per farsi un'idea.
Midori fece un respiro profondo e deglutì. Il cuore le martellava nel petto. - Cavolo! - esclamò poi riscuotendosi - roba forte.
- Oh sì... - rispose Kasumoto fissando compiaciuto le immagini cristallizzate.
La scena congelata rimandò la signorina Watanabe alla fotografia intravista entrando.
- Quindi è un film fantastico. Pensavo si trattasse di una trasmissione in diretta...
- E lo è, infatti. - Kasumoto rise, gustandosi la sua espressione sorpresa. - E' un reality show.
Midori proruppe in una sonora risata, cercando la complicità del vecchio. Kasumoto non rise. Allora anche il viso della ragazza iniziò a spegnersi, man mano che una consapevolezza si faceva strada.
In effetti le scene erano di un realismo incredibile. Sembrava proprio tutto vero.
- Allora, che fa, accetta? - chiese Kasumoto.
Midori continuò a fissarlo facendo un passo indietro. Le labbra le tremavano, le parole non le venivano. Mentre corse all'uscita desiderò con tutta se stessa qualcuno a cui chiedere aiuto, ma l'edificio era deserto. Era domenica. E la porta era inchiavata.
- Affare fatto signorina Watanabe? - la incalzò Kasumoto sfoggiando ancora quel sorriso innaturale.
- Mi faccia uscire. - Midori armeggiava invano con la maniglia.
- Mi dica prima se accetta la mia proposta. Vedrà, sarà un successo.
- Voi siete pazzi. Lei è pazzo!
- Può darsi. Ma sono un pazzo ricco e famoso. E lo sarò ancora di più. Grazie a lei, volente o nolente. Parteciperà comunque al programma, signorina Watanabe. Se non vuole farlo da co-conduttrice vuol dire che lo farà da concorrente. - Un ghigno sinistro gli si disegnò in volto. - Domani sarà teletrasportata sull'isola! - annunciò trionfante.
Disperata si avventò su di lui convinta di poterlo sopraffare, ma Kasumoto prontamente le scaricò una bomboletta spray sul viso, fermando l'assalto. Scivolò nell'oblio accompagnata dalla faccia raggrinzita e lampadata del presentatore.
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