sabato 26 luglio 2014

Le nozze della Principessa dei Centauri

- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Era un giorno di festa in tutto il Reame: al Bosco delle Unioni si stava celebrando il matrimonio del secolo.
Le ghirlande di fiori tese tra un albero e l'altro, le farfalle che danzavano nel cielo turchino, gli uccelli che cinguettavano. E tutti che aspettavano col fiato sospeso quel sussurro, il fatidico monosillabo.
Un mago aveva persino creato un arcobaleno che attraversava la cascata, a incorniciare i due giovani in piedi, o per meglio dire, sugli zoccoli di fronte all'altare.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Luma, la principessa Luma, a cui le ancelle avevano spazzolato coda e capelli e li avevano poi cosparsi con unguenti profumati.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Luma con il raffinato velo di pizzo che dalle spalle ricadeva sulla groppa premurosamente strigliata.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Luma che adesso si era voltata e lo guardava con aria interrogativa.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Gli ospiti che dallo stupore iniziavano a considerare l'imbarazzo... Centauri perlopiù, alcuni maghi, qualche nano e pochissimi umani.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Il re che batteva gli zoccoli nervosamente, stringendo i denti dietro le labbra serrate.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Lui, Parson, un popolano addirittura, per questo sempre osteggiato dal padre della sposa e invidiato da tutti gli altri... lui che dovrebbe ringraziare il destino...
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Lui, Parson, che quel giorno omise il monosillabo. Due lettere che l'avrebbero marchiato a fuoco e a vita, due lettere che avrebbero pesato come un macigno sul suo onore.
- Vuoi tu Parson prendere Luma...
Evidentemente non voleva, Parson, se ora corre via. Galoppa senza voltarsi. Lontano dai pavesi variopinti che congiungevano larici e querce. Lontano dalle corone di tulipani e orchidee disseminate sul prato e tra le sedie degli invitati. Lontano da una folla incredula. Ma allora, gli spruzzi della cascata che irroravano l'arcobaleno, l'altare di quarzo rosa modellato dagli scultori più famosi del regno, a cosa erano serviti?
A lasciare una principessa affranta e un re adirato.
E uno sposo che galoppa, galoppa. Sa perfettamente verso dove. Non l'ha mai saputo più chiaramente. E forse allora i passeri e i verzellini hanno lo stesso cantato l'amore, le farfalle e le rondini non hanno danzato invano in un cielo così azzurro...
Parson corre dalla ragazza dai capelli di rame. La ragazza che tante volte ha portato in groppa, per gioco, e con cui ha condiviso tanti sorrisi.
Corre da lei Parson, è a Jocelyn che corre a dire il suo sì.http://wizardsandblackholes.it/?q=centauromachia

domenica 20 luglio 2014

Estate a Geamar



L'estate era alle porte nel reame di Geamar e per gli studenti di Hoguar iniziavano le vacanze. Gli Pterfoi planavano sospinti da una brezza vivace (per la gioia di Jacob che perdeva pomeriggi a osservarli) e i ruscelli mormoravano dolcemente, screziati dal riverbero del sole. Thearyn intrecciava pensosa delle margheritine mentre sbirciava Leorlas che si allenava con l'arco.
Aveva superato a pieni voti l'esame di «Magia Bianca» e si apprestava a diventare una brillante strega nonché una bellissima donna.
Avrebbe dovuto baciarlo? Che ci voleva in fondo, chiudeva gli occhi e... ma lui non sembrava...
Leorlas era suo compagno di banco dall'inizio delle superiori. Carino come la maggior parte degli elfi: lineamenti aggraziati, fluenti capelli biondi e occhi sfuggenti di un verde acceso che quando ti fissavano sapevano incantarti. E se n'era accorta, Thearyn, la mattina che le aveva chiesto di uscire: una passeggiata in riva al fiume e merenda con sidro e torta di lamponi. Ed eccoli lì. In verità in quattro anni di scuola non è che avessero parlato tanto. Leorlas passava il tempo libero con gli amici discutendo di caccia e degli allenamenti in combattimento e Thearyn preferiva intrattenersi con le compagne a disquisire di vestiti e pozioni. Ma ultimamente si era accorta che lui la osservava più del solito, per poi distogliere subito lo sguardo se lei lo fissava. Le si era accesa la curiosità di conoscere meglio quel ragazzo taciturno che le sedeva accanto da sempre ma di cui sapeva poco o niente. Finché come un fulmine a ciel sereno era arrivata quella domanda. Lei che stendeva il bucato in giardino e lui che sorprendendola alle spalle:
- Ti va di uscire?
Stesa sul prato vagava per libere associazioni: amore, margherita m'ama non m'ama, farfalle, baciarsi... quando un pensiero la riportò alla realtà: un altro amore, di un mondo lontano, in un tempo parallelo. Tirò fuori dallo zaino il Palantìr (1) che portava sempre con sè e lo adagiò sull'erba. Fu tentata di chiamare Leorlas ma presa da uno strano imbarazzo ci ripensò e decise che quel momento sarebbe stato solo suo. Incrociò le gambe e chiuse gli occhi. Sussurrò la formula muovendo le mani intorno al globo perlaceo che iniziò a risplendere sempre più intensamente.
L'avevamo lasciato sull'isola della Scimmia con un biglietto in tasca. Sul biglietto un nome e un indirizzo: «Bardack Road, Londra.» Anche quel pirata aveva un amore da vivere.
- Montru al mi!(2) - esclamò aprendo gli occhi. All'interno della sfera vorticò un magma di nuvole da cui iniziarono a prender forma dei volti. Riconobbe Jake. Sorrideva a una donna. Bellissima, con spumeggianti ricci biondi e occhi smeraldo come quelli di Leorlas; anche lei gli sorrideva.
- Ti amo, Eva - un sussurro. Poi si amalgamarono in un lungo abbraccio e si baciarono, finché la visione non sfumò in un vortice di colori. All'improvviso, dopo un'esplosione di luce, il faccino di un neonato. Dormiva succhiandosi il pollice, sulla culla era appuntato un fiocco rosa. Poi ancora un flash e un viso a campeggiare sul Palantìr: una ragazzina. Gli occhi della madre e i capelli del padre.
- Chi è? - Leorlas la fece sobbalzare, come quella mattina con il bucato.
- La figlia del pirata. Una fanciulla con strabilianti poteri che vivrà un'avventura fantastica... e voi? Volete vedere? - continuò Thearyn agitando le mani intorno alla sfera magica.
 - Montru al li nun!(3)
 Continua a leggere qui: http://www.wizardsandblackholes.it/?q=lafigliadelpirata



1) I Palantíri (al singolare Palantír), chiamati anche Pietre Veggenti e Pietre Vedenti, sono manufatti di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien.
2) Le formule magiche che Thearyn recita sono in Esperanto. Significa «Mostrami ora!»
3) Traduzione: «Mostra loro ora!»

Gli amici ritrovati


Tenuta di Greenwood, nei pressi di Londra, anno 1744



- Eccoli papà! - esultò Katherine osservandoli dalla trifora dell'alta torre.
Le sue grida giunsero fin giù nella sala da pranzo, dove i genitori stavano continuando i preparativi.
A quell'annuncio Eva (neanche lei li aveva mai conosciuti) si affacciò timidamente al balcone colonnato.
Due persone risalivano il sentiero di ghiaia che serpeggiava fino al cancello in ferro battuto con l'emblema di famiglia (uno scudo attraversato da due spade incrociate e sormontato da un'aquila che lo ghermisce con gli artigli).
Una era alta e grossa, con un saio marrone e un cappello appuntito a falde larghissime. Camminava appoggiandosi a un bastone ricurvo.
L'altra era decisamente più minuta e già a quella distanza si vedevano i capelli sparpagliati dal vento.
Tutta la famiglia Robinson accorse a dare il benvenuto agli ospiti.
- Entrate, amici miei, che bello avervi qui! - esultò Jake invitandoli nel meraviglioso giardino.
Abbracciò stretto Hoguar e si scambiarono pacche sulle spalle.
La giovane elfa era ormai una donna ma, come allora, il suo volto risplendeva di una bellezza esotica e sfuggente; la maturità l'aveva resa ancora più attraente.
- Ciao Thearyn! Cavolo, ti trovo benissimo! - Jake si slanciò ad abbracciare anche lei, poi ricordandosi della moglie si trattenne e le porse educatamente la mano.
- Mangiamo qui fuori in giardino, che dite? Si sta d'incanto. Noi andiamo a prendere la roba al castello, voi aspettate qui. - aggiunse Jake facendo cenno di seguirlo alla moglie e alla figlia.
- Come pattuito abbiamo portato i dolci. Una torta di mele e una crostata di lamponi - disse Hoguar.
- Le ho fatte io - aggiunse Thearyn.
La giornata era splendida e ventilata, la cornice ideale per tutte le cose che avevano da raccontarsi, dopo vent'anni. Fatte le dovute presentazioni chiacchierarono e risero tantissimo, si commossero, si confidarono. Dilagò un'affettuosa amicizia, come se si conoscessero tutti da tempo.
Dopo pranzo Thearyn, Eva e Katherine si sedettero all'ombra di una quercia, mentre Hoguar e Jake combattevano per scherzo poco distanti.
Il pirata si era trasformato e si preparava ad aggredire lo stregone.
- Pligrandigu! (1) - esclamò Hoguar; e cominciò a crescere fino a diventare il doppio del licantropo.
- Guardali... - disse Eva osservandoli che si azzuffavano e si ruzzolavano nel prato.
Superato quel pizzico di gelosia iniziale, Eva aveva subito capito che Thearyn era una bravissima ragazza e mai avrebbe potuto esserci qualcosa tra lei e il suo Jake.
- Fammi vedere come avete immobilizzato la guardia, quella volta... - disse Katherine.
- Ok. Immotus! (2) - esclamò Thearyn indicando una colomba che rimase cristallizzata in aria. - Vai! - disse poi sciogliendo l'incantesimo, e la colomba proseguì il suo volo.
- Forte! - gioì Katherine.
- Ho saputo che anche tu hai poteri formidabili - le disse Thearyn - mostrami qualcosa dai...
- Ok. Pensa un numero tra zero e un milione...
- Pensato.
- Trecentomiladuecentotrentaquattro.
Thearyn rimase basita. - Wow...
- Leggo nel pensiero... - si schermì la fanciulla - e non solo... guarda. -  Indicò una sedia che si librò in aria e rimase sospesa tre metri sopra il tavolo. - Ehi, pa' - apostrofò poi Jake.
Il lupo smise per un attimo di combattere e si voltò verso la figlia.
Katherine frustò il braccio nella sua direzione e gli lanciò addosso la sedia come un proiettile.
Il licantropo la frantumò con una zampata e come se niente fosse riprese a giocare con lo stregone che nel frattempo si era trasformato in un mastodontico orso polare.
- Poteri mentali... telecinesi... una volta ho fatto credere a un tizio di essere una gallina...
- Io se volete mi trasformo in quel mostro là... - fece Eva indicando il marito e fingendo un'espressione delusa.
Si guardarono divertite e risero di nuovo in coro.
- Quindi ci avete trovati grazie ai poteri di Katherine... come funziona di preciso? - chiese Eva alla giovane elfa.
- La magia del teletrasporto guidata dai poteri di tua figlia ha aperto un varco dimensionale tra i nostri due mondi e allo stesso tempo ci ha indicato la strada giusta. Meglio non so spiegarlo, è stato Hoguar, il mio maestro, a fare l'incantesimo.
- Mi ha detto Jake che invece sei stata tu, per errore, a teletrasportarti quella volta sull'isola della Scimmia... - fece Eva sorridendo.
- Esatto. Era pressappoco lo stesso incantesimo, solo che ho sbagliato un ingrediente.
Tutte e tre risero.
- Be', per fortuna. E' stato grazie a voi se mio marito ne è uscito vivo! (http://www.wizardsandblackholes.it/?q=isignoridellacaccia)
- ... E se poi sono nata io - fece Katherine. (http://www.wizardsandblackholes.it/?q=lafigliadelpirata)
- Sai, - disse Thearyn dopo una pausa - avevo più o meno la stessa età che hai tu adesso quando ho incontrato tuo padre...
E l'una negli occhi dell'altra lessero la stessa anima.


1) Formula magica in Esperanto, «Ingrandisci!»
2) Formula magica immobilizzante in lingua latina; compare ne «La Caccia II.»

venerdì 18 luglio 2014

Storie di filibustieri

Era un tempo da lupi. Una notte di quelle in cui i marinai a zonzo sulla banchina tirano su la blusa e calzano per bene il berretto di lana, imprecando tra una boccata di pipa e l'altra. I pochi fortunati che possono pagarsi un pasto caldo si rintanano invece in qualche taverna, come «Il tritone ubriaco», per esempio, qui sul molo, a raccontarsi storie di navi fantasma e mostri marini alla luce tremula di una candela.
- Hai sentito cosa va dicendo quella vecchia spugna di John?
- Chi? Il pazzo che gira in mongolfiera?
- Sì lui. Era qui ieri. Mi ha detto che mentre sorvolava l'Isola della Scimmia ha visto col cannocchiale delle cose dell'altro mondo...
L'altro marinaio rise sguaiatamente tracannando rum.
- Cosa? Delle sirene volanti? - esclamò pulendosi la bocca con la manica della camicia.
- No, peggio. Molto peggio! Ascolta bene: enormi gorilla blu, lupi mannari, uomini d'argento... e combattevano, c'era chi fuggiva e lo inseguivano... si ammazzavano... - non riuscì a finire la frase dal ridere.
Di colpo qualcuno piantò un coltello sul tavolo. I due trasalirono, i bicchieri si rovesciarono e la bottiglia rotolò per terra.
- Ah non ci credete, eh?! - li apostrofò il pirata dai lunghi capelli corvini. - John è mio amico e non mente mai. Sono Jake Robinson e ci sono stato su quell'isola. Ed è tutto vero, ve lo posso garantire, l'ho provato sulla mia pelle!
Ai due sembrò di vedere gli occhi del pirata accendersi di una luce sinistra, il volto accennare a deformarsi, la barba farsi sempre più folta e coprente e i canini spuntare dalle labbra, insolitamente lunghi e affilati.
http://www.wizardsandblackholes.it/?q=la_caccia

domenica 13 luglio 2014

A volte (raramente) ritornano

Ore 19:00

Entrando l'infermiera attenuò l'impeto della camminata.
- Signora, mi spiace, l'orario delle visite è terminato - annunciò a bassa voce.
Laura si voltò appena. - Ancora cinque minuti, per favore...
L'infermiera chinò mestamente il capo in segno d'assenso e richiuse adagio la porta.
In quel cubicolo bianco e asettico, avvolto com'era da garze e gessi, il marito era un bozzolo d'insetto da cui si dipanava una ragnatela di tubicini collegati a macchinari ronzanti.

Ore 16:00

Sentì un tonfo sordo provenire dalla cucina e vi si precipitò ancora in accappatoio.
Il marito era riverso in una pozzanghera di fanghiglia.
-Paolo! - gridò precipitandosi su di lui e girandolo supino. I vestiti strappati scoprivano lembi di pelle con profondi tagli ed escoriazioni, viso e capelli erano imbrattati di sangue.

Ore 13:00

Aveva dato un paio di morsi al panino col prosciutto improvvisato alla bell'e meglio, poi lo stomaco le si era chiuso. Pensava, senza sapere cosa pensare. Suo marito Paolo era scomparso il giorno prima, proprio lì, in cucina. Così, nel nulla, di fronte a lei. Parlavano di cambiare la TV e di punto in bianco lui si era dissolto, come inghiottito dalla frase che stava pronunciando. Senza un rumore, nemmeno una corrente d'aria. La polizia non si sarebbe attivata prima di 48 ore: tante ce ne volevano perché una persona venisse dichiarata scomparsa. Ovviamente aveva mentito, aveva raccontato che non era rientrato dal lavoro.

Ore 20:00

Non era riuscito a dirle nulla, quando l'aveva trovato in cucina era già privo di sensi. Ma ora, rincasando dall'ospedale, Laura notò l'iPhone finito sotto il tavolo. Era sporco di sabbia, col display incrinato. Le balenò un'idea: forse avrebbe trovato qualche risposta. Provò ad accenderlo ma non dava segni di vita. Non era ancora detta l'ultima parola, poteva avere la batteria scarica. Corse in camera a rovistare nel cassetto della scrivania. Eccolo: il cavetto USB per collegarlo al PC!
L'ultima foto era quella di loro due sulle sdraio, nella vacanza al mare. Niente di nuovo. Aprì la cartella Video. Bingo!
Ma cos'era? Il mare... un galeone sullo sfondo... e quello? Un pirata sbucato dritto dritto da un romanzo di Stevenson correva verso l'obiettivo gridando:- Via via!!!
Fissava attonita il monitor del computer. Una figura sfocata, grigiastra e luccicante avanzava sulla spiaggia, in lontananza. Giravano un film?
Le sfuggì un grido: una massa nera, informe, scattò verso lo schermo e per un attimo le sembrò di vedere il muso di un lupo... o forse un volto umano mostruosamente deformato.
Nell'angolo a destra, in piccolo, avrebbe giurato di aver intravisto un gigante blu con quattro braccia. Ma che diavolo era successo?!

Ore 22:00

I macchinari iniziarono a emettere bip sempre più forti mentre sui monitor lampeggiavano cifre impazzite. Due infermiere accorsero trafelate.
- La Caccia! - urlò Paolo scattando a sedere con gli occhi spalancati, strappandosi via qualche tubicino sgocciolante.



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Un'ordinaria notte di lavoro

Un'ordinaria notte di lavoro 

(Text-trailer di Salvatore Di Sante e Luca Pappalardo)

 Città di Qadath, Prima Capitale del Regno, Terzo Anello



- Ehi tu, sveglia! - Gordat assestò un calcio a un mendicante accovacciato nel vicolo maleodorante. - C'è il coprifuoco, non puoi stare qui! - berciò il mercenario.
Il vecchio piagnucolò tirandosi sulla testa il saio lacero e coprendosi il volto con le braccia ossute. Gordat imprecò e lo spinse a terra con lo stivale. Torylo gli sputò addosso e si ficcò in tasca i pochi oboli dell'elemosina.
- No, quelli no, vi prego - il vecchio sollevò il busto e protese le braccia verso il soldato che l'aveva derubato. I due ridendo ripresero la ronda come se niente fosse. Balthasar aveva osservato la scena un po' in disparte. Era in momenti come quelli che si ricordava perché far parte della Guardia Cittadina non fosse proprio un punto di forza del suo curriculum vitae. Un manipolo di canaglie che sotto l'egida dei Triumviri sfogavano la propria ferocia sui più deboli. Ma d'altronde era un lavoro pagato, e solo il Dio sapeva quanto le tasche di Balthasar fossero costantemente bucate.
Di certo però non così che se l'era immaginata, quando si era arruolato. Al tempo in cui Qadath era all'apice del suo fulgore e il futuro non faceva paura, sembrava un lavoro tanto onesto quanto ben pagato. Quanto in fretta cambiano le cose.
- Guarda un po' chi abbiamo qui... - sentì dire a Torylo. Balthasar si accodò ai compagni e notò una figura esile che si tagliava sempre più nitidamente tra la polvere e i vapori che si alzavano dal selciato.
 - Ciao bocconcino - berciò Gordat - che ci fai in giro a quest'ora tutta sola soletta?
Le fiamme delle torce appese lungo le abitazioni illuminarono un volto elfico di rara bellezza.
- Vengo dal Secondo Anello e devo portare una pozione medicamentosa a mio fratello che abita poco distante. - Parlava con voce sommessa, facendo saettare solo di tanto in tanto i penetranti occhi verdi sui volti dei tre soldati. Quando incrociò quello sguardo, Balthasar sentì muoverglisi qualcosa dentro. E per una volta, non solo dentro i pantaloni.
- Eh ma non si può. Durante il coprifuoco, dal tramonto all'alba, a nessuno è consentito gironzolare per il Terzo Anello. Mi spiace dolcezza, legge del Triumvirato. - sorrise beffardo Torylo spogliandola con lo sguardo.
- Devi pagare pegno, zuccherino - sibilò Gordat avvicinandosi e cercando di sfiorarle i capelli. La fanciulla si ritrasse con un balzo ma andò a sbattere sul corpaccione di Torylo che nel frattempo le si era portato alle spalle.
 - Dai ragazzi, direi che per stasera ci siamo divertiti abbastanza...  - si lasciò sfuggire Balthasar, ma senza troppa convinzione.
Torylo l'aveva immobilizzata cingendole il collo con un braccio e con l'altro le palpava brutalmente il seno. La giovane gridava e si dimenava e nella concitazione gli svolazzi della tunica rendevano il gioco ancora più eccitante.
- Tienila! - esclamò Gordat calandosi i pantaloni e afferrandola per i fianchi.
Balthasar osservò la propria mano muoversi verso la spada, ma un bagliore improvviso lo fermò.
 Gordat gridava contorcendosi per terra con le mani sull'inguine; la ragazza con un balzo felino si era liberata dalla presa di Torylo che nel frattempo aveva sguainato la spada.
 - E va bene. L'avete voluto voi. Volete scaldarvi un po'? - intimò la fanciulla plasmando un altro globo incandescente con rapidi e sapienti movimenti delle mani.
 - Arti Arcane. Hai capito l'innocente fanciulla. - pensò Balthasar, che già simpatizzava con la fuorilegge.
L'Elfa scagliò la palla di fuoco contro Torylo, ma quello si abbassò prontamente, rimediando solo una leggera bruciatura all'orecchio.
 - Adesso la paghi! - Nel frattempo l'altro si era rialzato e brandiva la sua mazza ferrata. La giovane tirò fuori dalla tasca un barattolino con una mosca.
- Sanĝoj formon batalanto (1) - recitò. In un cozzare di placche metalliche l'insetto si tramutò in una possente armatura dal cui pentolare fiammeggiavano due iridi rossastre. Il mostro ingaggiò battaglia con Gordat vibrando fendenti sovrumani, ma era molto lento e la sua scimitarra andava sempre a vuoto. Stanco di schivare Gordat cercò di parare il colpo ma non fu un'idea brillante: lo scudo andò in frantumi in una miriade di schegge e la forza d'urto lo scaraventò a terra, facendogli perdere conoscenza.
Balthasar seguiva la scena senza intervenire, incerto su come sentirsi. Nel frattempo Torylo era scampato a un altro attacco di fuoco; sacrificando il suo scudo si era gettato sulla fanciulla ed era riuscito a prenderla per il collo. Il soldato stringeva, l'Elfa si piegò sulle ginocchia gemendo. Nello stesso istante anche il cavaliere-mosca barcollò e cadde a terra. L'incantesimo perdeva efficacia.
- Puttana! - sibilò Torylo - Adesso muori!
Fu l'ultima cosa che disse, dato che un attimo dopo qualcosa lo colpì alla nuca con violenza inaudita, facendolo crollare a terra come un sacco di patate.
La donna, liberata dalla stretta dell'uomo, si ritrovò a fissare con occhi stupiti il suo inatteso salvatore. Fermo di fronte a lei, con la spada ancora levata in alto, Balthasar sospirò, per poi farle l'occhiolino.
- Dovrò inventarmi qualcosa di davvero originale, questa volta. -
L'elfa, alzatasi in piedi, gli sorrise.
- Non sei esattamente un soldato modello, vero? - mormorò.
- E tu non sei esattamente una giovane indifesa. Facciamo una bella coppia io e te, no?
L'espressione di lei tornò ad un certo sospetto, e già alzava una mano in aria, ma Balthasar si affrettò ad indietreggiare.
- Ehi, rilassati, scherzavo. Per stanotte avrò abbastanza problemi. Su, vola via prima che questi due si riprendano. - Lei restò ferma per un po', incerta. Poi si voltò.
- Grazie, soldato – disse semplicemente, sparendo di nuovo nel buio da dove era venuta.
- Nemmeno un bacio. Ecco che ci guadagno a fare l'eroe – si disse Balthasar con amarezza, scuotendo la testa. Quindi si stese a terra e chiuse gli occhi, iniziando a ragionare su quale favola avrebbe raccontato ai suoi compagni una volta rinvenuti. Non gli sarebbe certo venuto difficile. Sbadigliando, pensò che in fondo quella notte gli era andata bene: con la scusa di fingersi svenuto, si era guadagnato qualche minuto di sonno meritato.
La vita della Guardia Cittadina, imprevisti a parte, non era poi così male.


Le avventure di Balthasar continuano su: http://wizardsandblackholes.it/?q=storiadiunoscorpione


(1) Formula magica in Esperanto. Significa: «Cambia forma in guerriero.»

sabato 12 luglio 2014

Un bizzarro caso clinico

                             Un bizzarro caso clinico (Text-trailer di Salvatore di Sante)



Il dottor Spynes meditava sulle annotazioni in attesa del paziente. La pipa e le sopracciglia aggrottate erano il suo marchio di fabbrica per i casi più insoliti.
Matt Spencer, 15 anni, Southampton. Allucinazioni visive (sottolineato tre volte), deliri e costrutti paranoici.
Tirò una lunga boccata e soffiò un tremulo anello di fumo.
Che fosse schizofrenico? Pareva proprio un adolescente come tanti. Poca voglia di studiare, qualche birra e qualche spinello d'accordo, ma niente di che... A parlarci sembrava lucido: i pazzi hanno uno sguardo diverso, e lui ne aveva visti, in trent'anni di professione.
Genitori morti in un incidente aereo tre mesi prima. Una sorella di due anni più grande. E poi quel Michael...
Appoggiò delicatamente gli occhiali sulla scrivania e sospirando si massaggiò le tempie.
Michael (sottolineato e con un punto interrogativo a fianco), il tutore, un tipo strano, poco più grande della sorella... forse un po' troppo giovane per fare il tutore. Che le fantasie del paziente fossero dovute al trauma della perdita dei genitori? Possibile. Anche se i rapporti coi compagni di classe e con Hope, la sorella, andavano bene. E poi quel sogno.
Matt aveva riferito di aver sognato la morte dei genitori, il disastro aereo. Un sogno premonitore, insomma. Ansie e paure rimestate dall'inconscio che poi le vomita nei sogni e che qualche volta, per pura coincidenza, sfociano nel reale. Ma tutti quei particolari: le scritte sulla carlinga, la descrizione dei passeggeri e dei loro dialoghi. Tutto combaciava con le registrazioni della scatola nera e con le fotografie associate all'elenco passeggeri.
- Dottore, Matt Spencer è arrivato - gracchiò l'interfono.
Spynes diede una rapida occhiata all'orologio.
- Può farlo entrare, Martha, grazie. - Ripose la pipa nel cassetto e raccolse ordinatamente i fogli degli appunti, battendoli sulla scrivania nell'istante preciso in cui il ragazzo faceva capolino sulla porta.
- Ciao Matt, in perfetto orario. Accomodati pure sul lettino che iniziamo subito.
- Buongiorno - bofonchiò stancamente il giovane avviandosi verso il consueto giaciglio terapeutico.
- Allora: come stai oggi, che mi racconti?
Matt provava varie pose, intrecciando mani e piedi.
- Dunque... - fece per continuare ma le parole gli morirono in gola.
D'accordo, pensò. Basta, ci vado giù duro.
- Mio padre è uno stregone e suo fratello Lucas, un mutaforma, ce l'ha con lui perché vuole la Chiave del Sacro Cancello per il mondo della Magia. Ecco, l'ho detto. - sciorinò tutto d'un fiato. - Tanto lo so che non mi crede.
Nello studio calò il silenzio. Il dottor Spynes fece un colpo di tosse poi attaccò:- Cosa intendi per mutaforma?
Un tonfo sordo di lamiere accartocciate li fece sobbalzare.
- Eccolo! Quello! - esclamò Matt scattando a sedere e indicando fuori dalla finestra.
Il dottore deglutì, non credeva ai propri occhi: un drago mostruoso con la testa d'aquila era appollaiato sui rottami della sua Bentley e guardava nella loro direzione.
- Lucas, suppongo... - bisbigliò Spynes.
Matt annuì lentamente, gli occhi sgranati.


La storia di Matt su Never let me go

venerdì 11 luglio 2014

Rapina in banca

                                              Rapina in Banca (Text-trailer di Salvatore di Sante)


                                              Sonigull, Cassa di Risparmio del Cibo, anno 2274

Mentre aspettavano in fila, la piccola Rose osservava divertita gli ologrammi delle piante ornamentali, mentre gli assistenti indirizzavano i clienti ai vari reparti gastronomici.
- Stasera tesoro mangiamo tante cose buone. Niente roba finta. - sorrise Anne.
- Perché mamma? - domandò Rose aggiustandosi gli occhiali fucsia.
- Stasera è l'anniversario mio e di papà.
- Cos'è un arnivesario? Un compleanno?
- Una specie. Io e papà festeggiamo dieci anni che ci siamo conosciuti.
Rose si mise perplessa a contare sulle dita, poi dopo un po' esclamò raggiante: - Allora io sono nata cinque anni più tardi!
- Esatto tesoro, brava!
Controllando la tessera di credito, nel portafoglio Anne notò una foto di loro due, quel giorno di dieci anni fa. Pensava di averla gettata. I loro volti sorridenti e vicini in primo piano, col tramonto sullo sfondo. Gordon con la zazzera bionda spettinata dal vento e gli occhi azzurri così penetranti.
Dalla grande vetrata d'ingresso, alzando lo sguardo Rose poteva vedere le file ininterrotte di volomobili che attraversavano il cielo come tante formiche in processione. E molto più in alto sfrecciavano le navicelle spaziali, poco più grandi di un puntino.
- Mamma, andiamo con papà a fare un giro con le navic...
D'improvviso la parete franò in una pioggia di schegge e con un boato il muso imponente di un blindato invase la stanza. Ne scesero due energumeni col volto coperto da tessuto dissimulatore (che in quel caso proiettava maschere da clown); indossavano elmetti antiradiazioni ed erano armati di smaterializzatori laser.
Il personale agli sportelli azionò subito gli scudi magnetici e una richiesta d'intervento fu automaticamente inoltrata alla più vicina stazione di polizia.
In preda al panico, i clienti impietriti iniziarono a gridare; uno dei malviventi fece rotolare sul pavimento una granata a interferenza sinaptica.
Tutti caddero tenendosi la testa, contorcendosi o tremando. Una signora anziana schiumava dalla bocca battendo spasmodicamente il bastone sul pavimento di marmo.
Solamente la piccola Rose rimase in piedi. Spaventata ma non stordita. Era affetta da una rara anomalia della PMP22 (1), come riferirà in seguito Gordon alle autorità. Vedeva sua mamma a terra, sofferente, senza rendersi conto di quel che accadeva. Si avvicinò al clown più vicino per chiedergli spiegazioni ma quello senza battere ciglio la polverizzò. Anne vide i pantaloncini rossi e la maglietta a righe viola afflosciarsi sopra i sandaletti di cuoio. La bambina che c'era dentro sparita. Della figlia rimaneva una colonnina di fumo nero.
Trasfigurata dalla disperazione scattò in piedi e si lanciò come una furia sull'assassino che aveva ancora il fucile puntato.
-Nooo!!! Maledetto! - gridò con le lacrime agli occhi avventandoglisi contro.
Il delinquente senza esitare sparò una seconda volta.
Quella sera Gordon stava guardando l'ologiornale come al solito. Ma qualcosa dentro di lui si ruppe. Quella sera un cittadino fino a quel momento irreprensibile saltò la barricata e decise di diventare uno spietato criminale. Succede, quando sei a casa che pregusti una squisita cenetta non sintetica e scopri invece che un balordo ti ha appena ammazzato moglie e figlia.

La storia di Gordon su Pena d'Esplorazione (www.wizardsandblackholes.it/?q=penadiesplorazione)



(1) Proteina della mielina periferica 22. La mielina è una sostanza di natura lipoide che avvolge gli assoni dei neuroni formando la fibra nervosa.

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giovedì 3 luglio 2014

La Caccia II: i Signori della Caccia + Una strana Pergamena

"Cari amici di Wizards & Blackholes, oggi arriva in libreria il secondo volume della saga di Salvatore Di Sante, "La Caccia": La Caccia II: I Signori della Caccia.

Sull'isola della Scimmia la Caccia continua spietata: il pirata Jake e le orde di malcapitati spediti laggiù sono costretti a lottare ogni giorno per la sopravvivenza. Una fanciulla elfica, sbagliando una pozione teletrasporta se stessa e l'anziano insegnante sull'isola. Riusciranno a smascherare gli Artefici delle violenze e a porre fine al macabro Gioco?
http://wizardsandblackholes.it/?q=isignoridellacaccia


Come sempre la copertina è del bravissimo Michele Scarpone. E come sempre per un mese il libro è scontato a 0,99€ anziché a 1,99€. Affrettatevi!

Vi salutiamo con un breve racconto di Salvatore "Una Strana Pergamena", che fa da text trailer a I Signori della Caccia."