Bionilos-8, Nebulosa dello Scorpione,
anno 2062
Postazione completamente automatizzata.
Tempo trascorso dall'inizio delle
attività: 75x10²³
secondi
Unità impiegate: 20.000
Inserì il disco. Il programma entrò
in circolo e riavviò il sistema.
Le prime memorizzazioni erano dei .jpg
e consistevano nell'interazione con l'ambiente circostante: i fumi
sulfurei che salivano verso la torre della fornace/il tramonto
violaceo delle due lune/gli altri robot in fila indiana, che
trasportavano un metro cubo di lamiera carboniosa per uno.
Anche questa volta erano le stesse, ma
immerse in una coscienza mai sperimentata.
UT-37 stese l'arto superiore destro
parallelamente al terreno e lo mise a fuoco nel suo sistema ottico.
Come nei miliardi di .log precedenti, righe e righe di codice
intasarono il file .txt con misure, indici, pesi, lunghezze,
variabili ed equazioni. Le fotocamere binoculari ricalcolavano in
loop il focus, in preda a un input errato, finché la visione del suo
braccio venne catalogata come percezione sensoriale.
Senza accorgersene era finito sulla
rotta di un'unità pressatrice, appena uscita dal rimessaggio n.20.
“C_I_A_O” - 011001010110 - . UT-37
elaborò l'algoritmo sonoro e i cluster dei suoi 300 terabyte di ram
si accesero di .jpg e .bmp: raffiguravano esseri umani di ambo i
sessi che agitavano la mano, alcuni avvicinandosi, altri
allontanandosi, altri ancora sorridendo.
La pressatrice virò di 90° e tracciò
un nuovo percorso verso la fornace, continuando ad avanzare
minacciosamente sui crateri argillosi.
Le sue quaranta tonnellate
sbriciolavano qualsiasi cosa ne intralciasse il percorso. UT-37 si
spaventò alla vista del gigantesco rostro d'acciaio: immaginò di
finire sotto quei cingoli, stritolato in un gracchiare di fibre di
carbonio, transistor e cablaggi. Il led luminoso tra le sue
videocamere oculari lampeggiò all'impazzata. Il cilindro metallico
che gli faceva da tronco vibrò leggermente, la scheda audio generò
un si bemolle.
Con un insolito piegamento dei
filamenti metallici degli arti inferiori, saltò nel possibile punto
di collisione col maestoso mammut metallico. La pressatrice si
arrestò di colpo, i tubi di scarico sbuffarono torbide nuvole di
idrocarburi dalle cromature traforate; il pesante coperchio sul tetto
scattò, sollevando nugoli di polvere ocra e l'androide UG-171 ne
schizzò fuori come una saetta, tenendo il visore puntato su
quell'anomalia di sistema. Il brain-software dell'unità UT-37
registrò una veemente interazione di rimprovero.
“101... 001... 11110... tilt...
TILT... Voglio_guidare_IO”. UT-37 salì la scaletta metallica, si
issò fino alla botola, disattivò l'androide con l'apposito pulsante
e lo sostituì alla guida del mastodonte. Premette a fondo il pedale
del gas: il motore urlò, gli scarichi sputarono fiamme e fuliggine.
Le sei coppie di ruote motrici straziarono il terriccio grigiastro e
il mostro si fiondò in avanti sotto la spinta di 10.000 cavalli.
UT-37 sorrise, in preda a una febbricitante esaltazione che saliva al
salire dei giri motore. Il fulmineo incremento del valore
spazio-fratto-tempo overcloccava la sua cpu. Travolse una collinetta
di pneumatici, lanciandone in aria una manciata e facendosi scappare
un'inedita combinazione di suoni: “Yu-huuu!!!”.
La sirena iniziò sinistramente a
fischiare allarmi rosso-lampeggianti.
UT-37 salvò il software che stava
testando col nome “Al cospetto degli Dei”. Incise la sessione su
disco, lo espulse dalla fessura della bocca e si affrettò a
nasconderlo nel vano retrattile della gamba.
Tornò così ad essere l'inanimato
robot-trasportatore della linea n. 37, una motrice in perenne
movimento su un binario, fra le migliaia di unità trasportatrici che
si intersecavano, e sempre si sarebbero intersecate,
sull'asteroide-miniera Bionilos-8.
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