Il vecchio scrutava i flutti alitandosi sulle mani e stringendosi al collo il bavero della blusa. Nella notte senza luna il mare e il cielo si confondevano in un amalgama plumbeo. Qualche raffica di vento sollevava mulinelli di foglie secche, sulla banchina deserta.
Intravvide un movimento nella foschia:
era una polena. Una sagoma imponente si stagliò all'improvviso di
fronte a lui. Il bianco teschio della bandiera spiccava
nell'oscurità. Il veliero entrò in porto beccheggiando e rollando.
“Sei tu Dalton?”
“Voi dovete essere il capitano
Silver...”
“In carne e ossa, per tutta l'ambra
dei capodogli!”
L'equipaggio saltò giù rumoreggiando,
chi ridendo sguaiatamente, chi inciampando e imprecando.
“Jack Silver al vostro servizio
signore!”, esclamò il filibustiere levandosi il tricorno.
“Che ne dite di accomodarci nella
locanda, al coperto si parla meglio, non credete?”, disse Dalton.
“Con questo tempo da lupi due o tre
bottiglie di grog ci vogliono proprio, eh ciurma?”, tuonò il
capitano.
“Yeahhh!!!”, gridò in coro
l'equipaggio.
Silver indugiò qualche istante sulla
porta, sotto gli sguardi stupiti o atterriti delle facce da forca che
affollavano il locale. Due sirene con un boccale di birra schiumante
ammiccavano dall'insegna che cigolava al vento.
Il nero corpulento che chiudeva la
processione estrasse la rivoltella e con gran fracasso spazzò via
una delle sensuali pescioline.
“Attenti a voi, branco di manigoldi!
Non voglio casini: il primo che fa un'altra porcheria del genere gli
taglio un braccio!”, sbraitò Silver impugnando la scimitarra che
gli pendeva dalla fusciacca. Scelto un tavolo appartato, alla fioca
luce di una candela, il vecchio aspettava di iniziare il discorso. Il
fumo si tagliava col coltello. Il capitano gli sedeva di fronte. La
zazzera bionda incolta e unta faceva tutt'uno con la barba, raccolta
in una treccia che arrivava al petto. Una cicatrice biancastra
campeggiava sulla guancia, cimelio di tanti arrembaggi e di
innumerevoli zuffe.
L'uccisore di sirene alla sua destra si
chiamava Gordon. Aveva la barba corta, tagliata alla nazarena, un
anello d'oro all'orecchio e gli occhi come due fessure; giocherellava
intagliando il tavolo con un serramanico.
Veniva poi il medico di bordo, che
perlopiù segava ossa e stordiva i malcapitati con rum e oppiacei.
Taylor si chiamava e sembrava il più giovane: sulla trentina, occhio
e croce, palliduccio ed emaciato ma con uno sguardo glaciale dietro
le spesse lenti. Era l'unico del gruppo a rimanere perfettamente
immobile.
Per finire c'erano i fratelli Johnson,
identici nell'aspetto e nella stupidità, a sentire il capitano.
Grandi e grossi quanto Silver, bevevano all'unisono dai calici
sbeccati, impregnando di spuma i mustacchi castani. Nelle menomazioni
non erano gemelli: all'uno mancava un occhio e all'altro una mano.
Anche se quell'uncino, aveva assicurato Silver, aveva sbudellato più
di un ufficiale.
Dopo diverse occhiate furtive per il
locale, Dalton dispiegò sul tavolo una pergamena su cui era
disegnata una mappa.
“Vi ho convocato per la vostra fama,
capitano Silver, vostra e del vostro equipaggio”, disse il vecchio
soffermando lo sguardo su ognuno. Gordon fece scattare il serramanico
abbozzando un sorriso malizioso, i gemelli appoggiarono rumorosamente
i bicchieri di terracotta e ruttarono in coro. Il dottore non fece
una piega.
“Ho pochi marinai, ma sono i migliori
al mondo; veniamo al sodo adesso”, tagliò corto Silver. “Io e i
miei uomini obbediamo a una sola legge. Ce l'hai la grana?”
Dalton prese un sacchetto di iuta da
una tasca interna e glielo porse.
Il capitano allentò delicatamente il
legaccio e quando sbirciò dentro si illuminò in viso.
“Bene, oro sonante ciurma!”,
annunciò facendolo tintinnare.
“Devo arrivare qui”, disse Dalton
puntando il dito sul foglio.
“E' dopo lo Stretto delle Orche;
nessuno sa cosa c'è laggiù e nessuno è mai tornato per
raccontarlo!”, sussultò Gordon piantandoci con foga il coltello.
“Che c'è, hai forse paura Gordon?”,
intimò Silver, “Ricordi quando hai ucciso a mani nude dodici
indigeni armati di lance, nel Borneo meridionale? O quando hai
scavato il terzo occhio a quel generale di marina... ti eri pure
scolato tre bottiglie di acquavite, eh?”
Gordon sorrise e accarezzò la
rivoltella infilata nei calzoni.
“Non voglio codardi nella mia ciurma,
intesi?!”, continuò poi squadrando i suoi uomini, “allora
canaglie, non basta quest'oro a darvi coraggio?”
“Siiiii !!!”, vociarono tutti
assieme alzando i calici.
“Osteee !!! Un altro giro di birra
per tutti!”, berciò Silver battendo così forte i pugni sul tavolo
che per poco non lo ribaltava, “ e anche un giro di rum!”. Poi
fissò Dalton negli occhi e sussurrò:”Chi ti ha dato questa
mappa?”
“Non vi riguarda. Se non volete
accettare siete libero di andarvene, mi riprendo l'oro e ognuno per
la sua strada”
“Non ti scaldare vecchio. Per
quest'oro Silver e la sua ciurma ti portano anche sulla luna!”
Dal diario di bordo di Samuel
Dalton:
17 Aprile, anno di grazia 1664
Stamane all'alba siamo salpati alla
volta dello Stretto delle Orche. Dovremmo giungervi in due settimane
circa, se il vento si mantiene favorevole. Nella stiva ci sono cibo e
bevande per un mese. Non sappiamo cosa ci aspetta oltre quel funesto
tratto d'oceano, né quanto mare resti poi da solcare fino alla meta,
ammesso che vi arriveremo. Confidiamo nella Provvidenza.
12 Maggio, anno di grazia1664
Abbiamo superato lo Stretto delle
Orche, grazie a Dio! Un vero inferno in terra! Navighiamo da due
giorni in direzione sud-ovest. I viveri cominciano a scarseggiare.
Abbiamo perso William, il gemello guercio, divorato da un mostro
marino (suo fratello Peter ci ha rimesso una gamba nello scontro).
Gordon è caduto vittima di un sortilegio: tramutato in spettro vaga
ora su un vascello fantasma. Prego che il Signore ci conduca sani e
salvi a destinazione.
10 Giugno, anno di grazia 1664
Verso mezzogiorno dalla coffa il dottor
Taylor, improvvisatosi marinaio, ha gridato tre volte “Teerraaa!”;
nella foga gli è sfuggito di mano il cannocchiale d'ottone e si è
frantumato sul ponte. Che immensa gioia, che incredibile sollievo!!!
A giudicare dalla descrizione che ne ha fornito mio fratello, sembra
trattarsi proprio dell'isola verso cui eravamo diretti!
Dalle Memorie del capitano Jack
Silver:
13 Agosto, anno di grazia 1684
Non avrei mai pensato di vedere la mia
barba imbiancata; un privilegio per pochi in questo mestiere. Credo
sia merito di quest'isola. Anche Taylor e Peter stanno benissimo, in
vent'anni pare non siano invecchiati di un giorno.
Dalton mi ha confidato che la mappa da
lui stesso disegnata era apparsa in sogno al fratello morente. Beh, è
quasi logico...
Il vecchio è spirato felice l'anno
scorso, con più di cento primavere sul groppone. Abbiamo affidato il
suo corpo alle onde, come si conviene a un uomo di mare.
Questo è il luogo dei sogni. Prima non
sognavo. Non tutti sognano, molti al risveglio non ricordano quasi
nulla, qualcuno a volte è tormentato dagli incubi.
Qui si sogna ogni notte, sempre e solo
quello che si desidera. Ci raccontiamo spesso cosa sogniamo, io,
Peter e Taylor. Sogniamo di far l'amore con le sirene, con fanciulle
dalla pelle d'ebano, in paradisi tropicali o in bettole malfamate; e
fiumi di birra e di acquavite, e poi risate, risse, saccheggi, e
dormite favolose sotto cieli stellati. Vent'anni così ti rendono un
padreterno! Che io sia dannato se questo non è il paradiso, per
mille spingarde!”
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