La biblioteca Oliveriana esercitava un
fascino più ammaliante che mai. Una giornata diversa dal solito era
quello che ci voleva. Scaldato da un generoso sole d'inizio autunno
aveva scappottato la spider, aveva buttato sul sedile del passeggero
“Lo Hobbit” di Tolkien ed era partito di gran carriera.
La sala lettura era molto affollata. Si
era ripromesso di leggere almeno un centinaio di pagine, ma non
riusciva proprio a concentrarsi. Lo sguardo fuggiva sempre più
spesso e spaziava curioso per i mastodontici scaffali e sugli ampi
tavoli di legno scuro. Si domandò quante e quali storie fossero
celate dietro quelle ante, impresse da inchiostri magari centenari.
Gli balenò il pensiero che non gli
sarebbe affatto dispiaciuto lavorare in una biblioteca, magari
proprio in quella. Purtroppo c'era il problema del titolo di studio:
la maturità classica, per quanto pertinente, non poteva competere
con una laurea in Conservazione dei Beni Culturali.
Ma non era il momento di farsi prendere
da una crisi di mezza età e dal bilancio della propria vita. Doveva
essere un pomeriggio spensierato: meglio dedicarsi all'osservazione
furtiva degli altri frequentatori.
Immerso in quella quiete senza tempo ci
si divertiva moltissimo. Un camion sul pavè fece vibrare i
finestroni. Pensò al frastuono che doveva esserci in quel momento a
casa sua e fu invaso da una caldissima sensazione di libertà e
beatitudine.
Il ragazzo di fronte a lui era
orientale. Una foltissima zazzera nera da cui si biforcavano le
bianche propaggini di un I-Pod e una felpa bianca con la
gigantografia di uno smile.
“Fondamenti di biologia vol. 2”:
che mattone. Avrebbe detto piuttosto che studiasse una qualche
materia artistica o al limite informatica.
La ragazza due tavoli più in giù, a
destra, era davvero carina. Un po' troppo giovane forse... ma
d'altronde quasi sempre le ragazze che gli piacevano erano troppo
giovani. Con le dovute proporzioni, s'intende; giovani come può
esserlo ad esempio una venticinquenne per un trentasettenne. A chi è
che non piacciono le ragazze giovani alla fin fine? E poi si stava
solo guardando in giro per ingannare il tempo, era forse vietato? In
una biblioteca anzi era una delle poche cose consentite.
Aveva lunghi capelli biondi che le
ricadevano sulle spalle. Indossava un maglioncino leggero con
scollatura a V, verde. Era intenta nella lettura di un grosso tomo e
a fianco aveva appoggiato un MacBook.
Aspettava di vederle gli occhi, ma
rimaneva perfettamente immobile. D'un tratto si spostò dal libro al
portatile e due iridi verde smeraldo guizzarono dalle sottili lenti
rettangolari. Era decisamente bella.
Non si era accorto di fissarla e quando
la ragazza incrociò il suo sguardo nel sistemarsi la graziosa
montatura rosa, trasalì imbarazzato e fece finta di sprofondare
nelle sue avventure di nani, elfi e draghi. Aspettò qualche istante
poi con circospezione risollevò lo sguardo.
Qualcosa di anomalo lo disturbò. Sul
momento non riuscì a capire cosa. Poi la fanciulla si ravviò di
nuovo i capelli e allora la vide. Un'orecchia a punta, lunghissima.
Di nuovo si ritrovò a fissarla, questa volta per un motivo ben
diverso. Di nuovo la ragazza lo sgamò e inaspettatamente gli
sorrise. Anzi, questa volta fu lei a fissarlo. Rimase basito. Gli
occhi le fiammeggiavano di un bagliore dorato.
La vibrazione del cellulare lo fece
trasalire. Aprì il display e lo richiuse seccato. La ragazza era
tornata alle sue letture.
Visto che doveva andare al bagno pensò
di passarle a fianco e sbirciarle le orecchie, se riusciva.
Mise il segno al libro, ficcò il
telefono nella tasca del marsupio e si alzò con calma.
Procedeva lentamente, con lo sguardo
basso. Quando fu vicino alla ragazza rallentò ancora di più tenendo
sempre gli occhi puntati su di lei. Questa volta però non si sistemò
i capelli, non fece nulla a parte continuare a stare china sul suo
libro. Era un trattato sulla mitologia celtica.
Una signora ad una postazione nel
corridoio gli consegnò le chiavi del bagno e gli indicò la strada e
lui con l'entusiasmo ingenuo e traboccante di un fannullone in
vacanza si arrampicò per le suggestive rampe di scale in pietra.
Mentre si lavava le mani guardandosi
nello specchio, per chissà quale astrusa associazione mentale, tipo
sapore della madeleine, gli tornò in mente una visita guidata che
aveva fatto sempre lì, in prima liceo. Con la sua classe aveva
visitato il museo Oliveriano, adiacente all'entrata della biblioteca
e gli archivi storici al piano superiore. Gli balenarono alla mente i
reperti di epoca etrusca, le statuette in terracotta e bronzo, le
steli con le incisioni in doppia lingua, le urne cinerarie, le
raffigurazioni delle divinità e dei pascoli... un vortice di
sensazioni e immagini lo investì furiosamente. Si sentì mancare, la
vista si affievoliva.
Si ritrovò steso a terra, accanto al
lavandino. La stanza intorno prendeva lentamente forma e intanto gli
saliva dalla spalla un bruciore sempre più acuto. Per fortuna non
aveva battuto la testa. Era svenuto, incredibile! In vita sua gli era
successo solo un'altra volta, quando da ragazzino gli avevano fatto
un prelievo per delle analisi. Uno sguardo all'orologio: l'una di
notte. Possibile che in tutte quelle ore nessuno avesse avuto bisogno
del bagno? Strano.
Chissà se c'era un vigilante, una
guardia giurata...
Possibile che nessuno avesse notato il
suo libro, il marsupio e il giubbotto di pelle sulla sedia?
Trovarsi in una biblioteca a notte
fonda è qualcosa di indescrivibile. Tra il sacro e l'orrifico.
Fece la massima attenzione per non
rompersi l'osso del collo per le scale e si diresse alla sua
postazione.
Una pallida luna si stagliava nelle
finestre del corridoio rischiarando il silenzio più assoluto.
Era quasi arrivato alla soglia quando
una voce di donna lo paralizzò.
Era impossibile che ci fosse ancora
qualcuno. Forse la guardia.
Un'altra voce si aggiunse a quella di
prima, poi un'altra ancora. Atterrito trovò a tentoni un tavolo e ci
si accovacciò a fianco. Il portone era aperto, la luce accesa e
dalla sala lettura giungeva un chiacchiericcio sempre più intenso e
rumore di passi.
Fece timidamente capolino. La ragazza
bionda di prima conversava amabilmente con un gigantesco lupo grigio
che stava eretto su due zampe. Era scalza, vestita di pelli e portava
una corona di fiori. Avrebbe detto che era un elfo. Più in là due
dame di fine ottocento discutevano dei salotti della Pesaro bene.
Vari libri erano sparpagliati sui tavoli.
Come mise piede nella stanza ebbe tutti
gli occhi addosso. Poi quelle creature si tramutarono in fasci di
luce che saettarono ognuno dentro un libro. I volumi si richiusero
con gran rumore.
Era rimasta solo la ragazza elfica, che
sorridente gli si avvicinò e mormorò: “Siamo lo spirito degli
Scritti, siamo il sapere e l'essenza del mondo. Ogni tanto abbiamo
bisogno di manifestarci per trarre nuovo vigore e infonderlo agli
esseri umani. Perché avvertano l'importanza del sapere, della
cultura e della condivisione. Tienilo sempre ben presente. Fa tesoro
di tutto questo!”
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