L'ispettore Nocito non aveva mai visto
nulla di simile. Si guardò intorno con circospezione, attento ad
ogni minimo rumore, cercando di mantenere la calma. Il posto era
quello segnalatogli via radio. La luna fece per un attimo capolino
tra i nuvoloni e il pallore rischiarò impietoso quell'aberrazione.
Uno di loro sollevò il muso: grondava sangue e interiora. L'indice
tremò sul grilletto. Le mascelle della bestia si serrarono e gli
occhi scintillarono d'impeto. Dovette fare appello a tutte le sue
forze per non vomitare. Il maremmano spiccò un balzo verso di lui e
cominciò a correre forsennatamente sputacchiando saliva e poltiglia.
Per lo spavento incespicò all'indietro e cadde a sedere. Il vicolo
risuonò di due frastornanti boati. L'ispettore si scrollò di dosso
la carcassa e si rimise in piedi, dolorante. Sentiva le mani luride e
viscide, alla luce del lampione si scoprì imbrattato di sangue, peli
e bava. Gli altri due cani scomparvero ringhiando dietro l'angolo.
Nocito avanzò di nuovo verso la montagnola in ombra. Solo un cane
non si era mosso. Nemmeno gli spari avevano placato la sua brama.
“Viaaaaa!!!!!” gridò fuori di sé. Sentiva il lento inesorabile
biascichio mentre un tanfo insopportabile di colpo lo fece vacillare.
Esplose un colpo in aria. La sagoma scura continuò imperterrita.
Ormai era abbastanza vicino. “Fermo dove sei! Mani in alto”,
intimò. Voleva urlarlo a squarciagola ma la voce uscì strozzata.
Dal cadavere a terra emerse un energumeno tetro e spento, solo gli
occhi erano vivi, azzurri e gelidi. Per quanto fosse vicino non
riusciva a tenerlo sotto tiro: la tacca di mira diventava sfocata,
era come guardare l'asfalto tremulo arroventato dal sole estivo. Gli
parve di cogliere il bagliore di una fibbia. L'uomo lasciò cadere a
terra qualcosa. Nocito avanzò ancora di pochissimo, la vista
annebbiata e le gambe atrofizzate. Era un braccio, o almeno ciò che
ne restava; arrivava al gomito, finiva con l'osso e i legamenti
sfrangiati. Nocito era ubriacato da un'immobilità surreale e
disumana. Quell'essere sbloccò la situazione sparendo dietro
l'angolo, come i cani poco prima. L'ispettore non ebbe la forza di
gridare o di sparare: si sentiva svuotato e voleva solo farsi
inghiottire dal silenzio e dalla notte. Il puzzo però lo riscosse
dall'apatia e di colpo si ricordò di essere uno sbirro: c'era un
cadavere, c'era un assassino da prendere! Un mostro per di più, un
cannibale a quanto pareva. Dei rinforzi richiesti ancora nessuna
traccia. Un lieve sospetto cominciò a serpeggiare ma lo scacciò e,
cosa per lui insolita, si affidò a quella tecnologia che non gli era
per nulla congeniale. Nocito era un dinosauro della vecchia scuola,
rispettato e temuto da tutti i colleghi. Non ce n'erano più molti
come lui in servizio, di investigatori. Si era fatto le ossa ben
prima del DNA, del luminol o dell'AFIS e guardava con malcelata
diffidenza al nuovo che avanzava. Era troppo affezionato al suo
blocchetto e alla sua stilografica per sostituirli con un palmare e
se doveva pigiare su una tastiera per redigere un verbale ci metteva
una vita. Questa volta tuttavia ebbe un guizzo e sentì che lo strano
aggeggio poteva essergli utile: sul mezzo braccio masticato
spiccavano nettissime quattro impronte insanguinate. Scattò una foto
col nuovo smartphone in dotazione e dopo pochi semplici passi il
database emise il responso. Non ne fu stupito, viste le circostanze
non poteva che essere lui: il macellaio; ricercato in quattro
stati, autore di nove omicidi e sospettato di altrettante sparizioni.
“Ormai sono troppo vecchio e troppo grasso per queste cose...”,
sbuffò Nocito prima di gettarsi all'inseguimento.
I colori e le forme galleggiavano in
nuvole grigie e rossastre. Poco a poco le cose prendevano forma.
Pochi battiti di palpebre e gli si accese un fortissimo mal di testa.
Una fila di neon copriva il soffitto, doveva distogliere lo sguardo
per non restarne abbagliato ed acuire ulteriormente il mal di testa.
Sentiva una tempia pulsare e una sensazione calda dove esplodeva il
mal di testa. Istintivamente cercò di toccarsi ma si accorse di
essere immobilizzato. Ormai riusciva quasi a mettere a fuoco del
tutto. Sembrava una camera d'ospedale: plastiche bianche asettiche e
tavoli e attrezzature in metallo. Aveva le mani costrette dietro la
schiena. Si chinò ad osservarsi i piedi: le caviglie erano strette
con dei fili elettrici alle gambe della sedia. Una goccia rossa
piovve tra i mocassini neri lucidi. La vista era tornata normale ora
ma il mal di testa si era risvegliato con lui, dolorosamente vigile e
pulsante. Si guardò intorno. Nella stanza, di circa dieci metri
quadrati, c'erano un letto sfatto con accanto l'impalcatura di una
flebo ancora mezza penzolante e tre tavoli da autopsie disposti a
ferro di cavallo davanti a lui. Sparse qua e là altre quattro sedie
identiche a quella a cui era legato. Non capiva se fosse ammanettato
o cos'altro; fece forza dapprima gradualmente per saggiare la
resistenza, poi diede quattro strattoni decisi: niente di fatto. Una
fitta alla testa ed ebbe un capogiro; socchiuse gli occhi per
riposarsi un attimo. Sui tre tavoli tre lenzuoli bianchi rigonfi.
Quasi in sordina due uomini entrarono nella stanza. Nonostante il
primo indossasse una divisa da poliziotto Nocito notò solamente
l'altro, a causa della mole spaventosa. Era alto quasi due metri,
scarponcini da trekking marrone scuro e una salopette lorda di
sangue. La folta e incolta barba fulva era sozza di brandelli di
carne, una profonda cicatrice partiva dalla guancia destra fino a
lambire più sbiaditamente una fessura dall'iride azzurro, vuota e
inespressiva. Il macellaio. Non era mai stato così vicino.
Non era tanto la statura a far paura, quanto la totale assenza di
umanità che emanava dalla sua figura. “Salve ispettore, ben
svegliato”, sogghignò l'uomo in uniforme facendo roteare
giocosamente fra le mani una sbarra di ferro. Nocito lo conosceva
bene ma non si stupì più di tanto.
“Baldini...”, sorrise amaramente,
“ecco perché i rinforzi non arrivavano mai...”
“Mi spiace ispettore ma ti stavi
avvicinando troppo”
“Ecco perché il macellaio era
sempre un passo avanti a noi... eh bravo Baldini... non mi sei mai
piaciuto ma non credevo fossi anche tu uno psicopatico, me l'hai
fatta...”
“Ah ma io non sono affatto uno
psicopatico, come te e come tutti perseguo solamente un mio fine, ho
un piano da portare a termine.”
Mentre parlava Nocito non riusciva a
distogliere lo sguardo dal macellaio. Se ne stava lì in
piedi, immobile, impassibile, quasi assente; quasi non si rendesse
conto di dove si trovasse, di cosa facesse o peggio di cosa avesse
fatto.
“Vuoi dare uno sguardo al tuo futuro
prossimo?”, Baldini afferrò un lembo del lenzuolo dal tavolo
centrale, proprio di fronte a Nocito. La mannaia era conficcata nel
cranio. La lama pesante aveva maciullato quasi tutta la parte destra
del volto, il manico toccava il pianale. I radi capelli erano
impiastricciati di sangue e materia cerebrale, impossibile dire di
che colore fossero. Una palpebra semichiusa faceva intravvedere
un'iride grigiastra, la bocca era lievemente aperta. L'orecchio
sinistro era stato strappato e penzolava da un lungo lembo di pelle.
Gambe e braccia erano staccate dal busto e appoggiate alla rinfusa
sul gelido pianale: ecco spiegato il rigonfiamento innaturale. La
pelle cadente e grinzosa era stata strappata in vaste aree delle
cosce, dell'addome e del petto: evidentemente quella belva non
disdegnava di cibarsi di esemplari anziani. Mani e piedi erano
accumulati nell'angolo accanto alla testa, anch'essa mozzata; le dita
mancanti dovevano aver fatto da aperitivo.
“E questo sarebbe il piano tanto
geniale?! Non crederai di farla franca... non ero il solo a
sospettare che ci fosse una talpa alla centrale... non sono mica
tutti una massa di idioti... ti saranno addosso prima di quanto
immagini! E poi dove vuoi arrivare facendo il complice del macellaio,
cosa speri di ottenere?”
“Complice io??!!... sei fuoristrada,
hai capito male... io non sono affatto complice di questa bestia...
al contrario... io sono l'eroe che lo ha ucciso... purtroppo sono
arrivato tardi e non ho potuto evitare che ti facesse a pezzi...; ma
non ti preoccupare, anche a te daranno una medaglia o una qualche
onorificenza, ne sono sicuro... In un colpo solo mi sbarazzerò di
questo grosso grasso schifoso idiota assassino...”, scandì le
sillabe ad alta voce, “... e dell'ispettore più brillante del
distretto... come vedi mi si prospetta una fulgidissima carriera!”
Nocito fissava incredulo il
macellaio.
“Ah... tranquillo non può
sentirmi... oltre che deficiente questo decerebrato...”, gongolava
enfatizzando gli insulti, “... è pure sordo come una campana...
figuriamoci poi, imbecille com'è, se sa leggere le labbra... Bene,
direi che adesso è davvero giunto il momento.”
Baldini diede due colpetti con la
spranga sulla spalla del macellaio indicandogli con cenni del
capo prima il cadavere poi l'ispettore Nocito. Il gigante si mosse
flemmatico, estrasse con qualche scricchiolio la mannaia dalla testa
troncata e avanzò col solito sguardo assente. Nocito si dibatteva e
gridava con tutte le forze ma i legacci non cedevano di una virgola.
Il sorriso compiaciuto di Baldini era lo specchio della sua completa
impotenza. Chiuse gli occhi rassegnato. Un fiotto lo investì in
pieno viso, il manico della mannaia gli urtò il piede. Nella stanza
all'improvviso fu l'apocalisse, un flusso continuo di proiettili, un
assordante boato di spari. Baldini non fece in tempo ad estrarre la
pistola, quattro colpi gli trapassarono il petto; lentamente si
accasciò accanto al cumulo di frattaglie che un attimo prima era il
volto del macellaio.
“Come mi hai trovato?” domandò
Nocito gettando un'occhiata allo smartphone frantumato sul pavimento.
“Grazie al localizzatore GPS del
telefono... questi in dotazione alle Forze dell'Ordine ne hanno tutti
uno... e funziona anche se il telefono è spento o rotto, come in
questo caso...”, proseguì Elisa notando la perplessità
dell'ispettore, “sapevo che eri in servizio... non rispondevi mai e
mi sono insospettita...”
“Salvato da una donna e da queste
nuove diavolerie elettroniche... questo è il colmo!”, mormorò
Nocito mentre Elisa lo liberava accovacciata ai suoi piedi, i
vaporosi capelli biondi e la scollatura prepotente nonostante
l'uniforme.
“Ben fatto agente Bianchi! Le
prometto che non la prenderò più in giro per come guida la volante
o per la sua mira!”, la canzonò. Elisa si guardò un attimo
attorno poi sorrise beffarda “Insomma... per cinque centri ho
svuotato due caricatori... direi che non sono esattamente una
tiratrice scelta...”. Nocito le sorrise e appoggiandosi a lei si
diresse alla porta, ancora un po' stordito e indolenzito.
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