Era
appena spuntato il sole nello sperduto villaggio della Cordigliera
Andina, ma la campagna pullulava già di camion, furgoni e automobili
scassate. Tutte le maggiori troupe televisive e i freelance più
scapestrati erano accorsi in cerca del Pulitzer.
Una folla di curiosi si era riversata dalle baracche negli orti
antistanti, qualche capra fuggiva infastidita. Mano a mano le star
facevano capolino qua e là. Chi correndo, chi trascinandosi,
andavano formando una moltitudine dalle taglie e dai colori più
disparati: ci potevi scovare un San Bernardo in miniatura, un volpino
travestito da Dobermann, un Dalmata più simile ad una mucca pezzata
o l'immancabile Labrador della pubblicità con un che di tarocco. La
foresta di microfoni, antenne e macchine fotografiche fremeva per
individuare quale fosse tra loro. La giornata trascorse nel silenzio.
I cani non avevano mai fiatato. Un cameraman bofonchiava sottovoce.
Volò qualche mozzicone e qualche starnuto. La tensione era
palpabile. D'un tratto uno spinone acciambellato sotto un ontano
scattò in piedi e abbaiò candidamente, gettando la folla nello
scompiglio. Tutti gli occhi e le orecchie, umani ed elettronici,
scandagliavano frenetici i paraggi. Sopra le loro teste comparve un
ovale nero vorticante. Un sasso ci volò dentro e ne fu inghiottito,
risuonarono uno schiaffo e un acuto frignare. Finalmente il portale
vomitò qualcosa. Tutti si accalcarono attorno a quella che sembrava
una grossa pietra grigia levigata che iniziò a scuotersi e a
fremere. Due puntini gialli si accesero ad un'estremità, sbucarono
tentacoli e una lunga coda biforcuta. La creatura dispiegò due
larghe ali e librandosi verso la luna piena lanciò un grido
lancinante, smarrita in un mondo che non era il suo.
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