Nel buio della stanza si accorse del
display che lampeggiava. Mise in pausa e lasciò cadere il joypad sul
letto. Sul plasma da cinquanta pollici campeggiava un'accecante
esplosione e tutto intorno, congelati, soldati coi mitra spianati e
carri armati fra macerie fumanti. Vide che era Marco, ci pensò un
attimo e poi rifiutò la chiamata. Riprese a battere frenetico i
pulsanti e la camera risuonò del fragore della bombe e del sibilo
dei proiettili. Un countdown sinistramente rosso lo avvisò che lo
stavano colpendo, ma non capiva da dove. Lanciò due granate a
casaccio. Assieme ad un cuore sanguinante pulsava il numero 5 a
caratteri cubitali. Premette di nuovo la P per
pausa e con la coda
dell'occhio sbirciò i due foglietti stropicciati che teneva sulle
ginocchia. Gli sviluppatori gli avevano dato i codici di tutti i
trucchi. Si alzò e fece qualche passo accanto al letto, per
sgranchirsi le gambe. La radiosveglia sul comò segnava le otto e
mezza: giocava da sei ore. Agitò le mani e ruotò un po' i polsi.
Percorse flemmatico i pochi metri che lo separavano dal frigorifero e
tornò con l'ennesima Red Bull. A razzo schiacciò P
e poi T (per i
trucchi), quindi digitò HEALTH:
era salvo e di nuovo con l'energia vitale al massimo. Il cecchino che
lo stava massacrando era appostato su un tetto alla sua sinistra: un
razzo RPG e passi la paura. Seppur a malincuore fu costretto a
rimettere in pausa: sul monitor del PC di fianco a quello dell' X-Box
l'icona verde con la spunta bianca si era animata di un nuovo
messaggio. Il computer fisso era acceso ventiquattr'ore su
ventiquattro, con aperti Gmail, Facebook, Windows Live e Skype
appunto. Era ancora Marco, questa volta non poteva evitarlo.
“Ciao
vecchio, ci vediamo al circolo alle 22,30 poi andiamo a fare un giro
al mare. C'è anche Sara...”, e qui aveva aggiunto una faccina che
sghignazza beffarda.
“No,
non vengo, devo finire di testare un gioco”
“Erotico?”
(due faccine beffarde più una che si rotola dalle risate)
“Uno
sparatutto. Non posso dirti il titolo, ancora deve uscire...”
“Figo?”
“Bah,
roba già vista più o meno”
“Allora
non esci? Vieni dai! Sara ha chiesto di te...” (tre cuoricini
lampeggianti)
“No,
non posso, alla prossima... ciao”
Gli era venuta un
po' di fame, era più tardi del solito. Ennesima visita al frigo e si
ritrovò seduto sul letto con un culo di salame in una mano e una
rosetta sbocconcellata nell'altra. Quando aveva accettato quel lavoro
non avrebbe certo immaginato che sarebbe finita così. Erano già
passati cinque anni, volati. Non avrebbe mai pensato che i
videogiochi avrebbero potuto annoiarlo. Se lo figurava come un lavoro
da sogno, tipo fare il pilota, l'attore, il calciatore, l'astronauta.
Mosse stancamente
lo sguardo per la stanza, sulla carta da parati lacera e scolorita,
sulle pile di libri e di fogli accatastati a terra, sulla moquette
arancione piena di macchie e disseminata di vecchi cartoni per la
pizza. La penombra, giallognola per la luce della vecchia abat-jour,
era densa di fumo e polvere. Mandò giù l'ultimo boccone di salame e
scolò la Red Bull facendo tintinnare la lattina vuota. Riprese
stancamente il joypad e continuò a giocare con un'aria insolitamente
assente.
L'indomani
mattina si aggirava tra gli scaffali e le mensole lunghissime del
negozio. Ci era cresciuto lì dentro, per così dire. Da lì veniva
il Commodore 16 che
gli avevano regalato per la comunione, quindi era stata la volta del
64 e poi ancora del
128, comprese le
centinaia di cassette dei rispettivi giochi. Da qualche mese però
aveva un'altra ragione per andarci molto spesso.
Fingendo
di interessarsi alla giapponesina dai capelli blu che ammiccava dalla
custodia di un titolo manga, sbirciava Sara alla cassa che si
annoiava e si arricciava al dito i lunghi capelli biondi,
sbadigliando di tanto in tanto. Il negozio era deserto. Oltre a lui
c'era solo un vecchietto col nipotino pestifero che da mezz'ora lo
supplicava frignando di comprargli il nuovo Fifa 2012.
“Nostalgia
dei vecchi tempi?”, gli sorrise Sara osservando curiosa il dvd sul
nastro trasportatore.
“Ho
un vecchio Pentium 4 che uso solo per il Mame,
ci faccio girare tutti i giochi dei cabinati, li ho tutti, dai primi
anni settanta”, bisbigliò in fretta Andrea senza staccare gli
occhi dal gigantesco Pac-Man
che scorreva verso il registratore di cassa.
“Non
sei venuto ieri sera...”, fece Sara con tono malizioso.
“...
No, dovevo lavorare, devo testare due videogiochi per fine mese e
sono molto indietro”
“Ah...
ho capito”, sussurrò Sara facendo cadere la conversazione.
Si divertiva molto
a metterlo in imbarazzo. Le piaceva la sua timidezza.
“Quattordici
e novanta”, esclamò qualche attimo dopo con voce squillante.
Andrea armeggiò
nel borsellino, posando gli occhi scuri su quelli azzurri di lei.
“Abbiamo
mangiato una pizza al Magic e poi siamo andati a fare un giro a
Riccione. Ci siamo divertiti, c'eravamo tutti, potevi venire...”,
gli sorrise Sara.
“...
Avevo da fare... i giochi...”, farfugliò consegnandole le due
banconote.
Era sempre
un'emozione fortissima quando le sfiorava la mano e Andrea continuava
a guardare basso battendo nervosamente il piede sinistro.
“Vabbeh,
allora ciao, alla prossima”, disse Sara in tono sdolcinato.
Andrea inforcò la
porta agitatissimo e girò l'angolo quasi di corsa, non accorgendosi
affatto di Sara che da dietro la vetrata si sbracciava indicandogli
il videogioco e il resto.
Il vicolo di fronte
era sferzato dalla pioggia battente. Folate improvvise di vento
sbattevano scrosci d'acqua sulle vetrate dell'ingresso. Era un sabato
sera perfetto per il cinema e tantissime coppiette prendevano
d'assalto le biglietterie. Andrea come al solito era stato
previdente, non si era ridotto all'ultimo minuto, e aspettava in
disparte coi due biglietti pronti nel portafoglio. Sarebbe dovuta
arrivare già da un quarto d'ora, iniziava ad essere un po' nervoso.
Comunque mancavano ancora dieci minuti all'inizio del film, senza
contare tutta la pubblicità. Le donne poi si sa che si fanno sempre
un po' attendere, non era il caso di essere troppo pignoli.
Cinque minuti. Si
aggirava nervosamente nell'ingresso, a piccoli passi. Scrutava tra la
folla alla ricerca di una chioma bionda, di tanto in tanto buttava un
occhio alle scale che salivano al piano di sopra, dove c'erano le sei
sale. Un clacson lo fece trasalire e gli sembrò che qualcuno lo
stesse salutando da una 147 rossa che sfrecciava di fuori. Calciò
una lattina di Coca e si mise a sedere sulla panchina di fianco al
distributore di bibite e snack. La sala era quasi deserta. Gli ultimi
ritardatari si affrettavano alla spicciolata su per le scale, coi
biglietti in vista per farseli strappare. Spezzoni di battute e
stralci di musiche giungevano flebili dal piano superiore. L'ultima
cassiera rimasta gli rivolse un mezzo sorriso spento prima di
abbassare la saracinesca e chiudere le luci.
Irruppe
nella sua stanza spalancando la porta con un calcio. Cacciò un urlo,
scaraventò contro il muro il borsello e rovesciò a terra tutti i
libri della mensola più bassa, rischiando di mandare in frantumi il
monitor del PC. Si sedette sul letto e rimase al buio, coi due
biglietti in mano. Fece un lungo sospiro, strappò i biglietti e
sfiorò il mouse. Lo schermo si riattivò. Aveva lasciata aperta una
sessione di The Sims,
l'altro videogioco che gli avevano dato da provare. Era una festa in
piscina, con omini e donnine di pixel che chiacchieravano e
scherzavano tra drink e stuzzichini. In primo piano una bionda in
bikini con accanto la scritta “Allora ci vediamo al cinema alle
dieci. A stasera!”
Andrea aprì la
chat e digitò: “Perché mi hai dato buca, Sara??”
L'avatar continuava
tranquillamente a fissarlo coi grandi occhi azzurri.
“Vaffanculo!
Stronza!”, scrisse Andrea in maiuscolo, battendo i pugni così
forte sulla scrivania che fece sussultare la tastiera.
Lo gnomo si stava
scagliando contro il drago a tre teste brandendo la lunga ascia,
quando il possente guerriero vichingo dalle lunghissime trecce bionde
intimò lo stop, congelando la battaglia incipiente.
“Oh,
ieri ho visto Andrea al cinema”, disse Alex togliendosi cuffie e
microfono, rivolto alla Gilda.
“Con
chi era?”, chiese Sara con un pizzico di apprensione.
“Sei
gelosa?”, la canzonò Alex.
“Così
per sapere...”, si schermì Sara, “è un sacco che non lo vedo.
Non passa nemmeno più al negozio. Con voi si è fatto sentire
ultimamente?”
I cinque scossero
la testa all'unisono, scambiandosi occhiate perplesse.
“Era
da solo”, continuò Alex, “dalla faccia non mi ha riconosciuto...
mi pareva un po'... boh... tonto... stranito...”
“Come
sempre”, scherzarono in coro Marco e Silvia stretti nella poltrona
alla sua destra.
Sara sorrise, anche
se un po' tristemente.
“Ho
provato a chiamarlo tre volte oggi, ma mi ha sempre chiuso il
telefono. Gli ho mandato un sms per chiedere se qualcosa non andava
ma ancora non ha risposto”, fece Sara sporgendosi a prendere una
manciata di popcorn dal tavolino in vetro.
“Lunedì
dovevamo andare al poligono, ma a casa non l'ho trovato”, disse
Marco, “credevo di beccarlo qui stasera e invece... tu Stefy l'hai
visto?”
Stefano si
dondolava sulla sedia. Era il più eccentrico della squadra,
appollaiato su quel trabiccolo di vimini. Nessuno capiva come potesse
non starci scomodo, ma ogni volta che si vedevano a casa di Alex per
giocare, tutti i giovedì sera, non voleva mai stare sul divano.
Conosceva Andrea meglio di tutti, erano sempre andati a scuola
insieme, dalle elementari fino alla laurea in Ingegneria Informatica
a Bologna. Si può dire che fosse il suo migliore amico.
“No,
anche io è un pezzo che non lo sento. Doveva farmi vedere un dvd di
retrogames che aveva
comprato ma quella sera poi non mi ha più chiamato. Il giorno dopo
ho trovato un messaggio su Facebook che diceva che stava poco bene,
aveva mal di testa e non gli andava di giocare col computer. Non sono
stato a stressarlo più di tanto, col lavoro che fa poi... so che ha
molto da fare, deve consegnare due relazioni ed è parecchio
indietro, mi diceva...”
“Vabbeh
dai, continuiamo!”, esclamò Alex sbloccando la partita. Il mago di
Silvia lanciò una gigantesca palla di fuoco contro il mostro, tutti
si reinfilarono in fretta le cuffie e ripresero ad armeggiare
forsennatamente sui controller.
Coi
gomiti appoggiati sulla scrivania e il mento fra le mani Andrea
fissava lo schermo con un ghigno beffardo. Aveva spostato tutti i
Sims in piscina e
aveva rimosso tutte le scalette. Da più di un'ora si compiaceva di
quella prigione, di quella forzata immobilità. Come quando a Rockman
riusciva a imprigionare i cattivi rosa fra i massi. In particolare
fissava la bionda traditrice, in mezzo al marasma di capigliature.
“Divertiti
pure, in piscina, con tutti i tuoi amici, stronza! Fai con comodo,
hai un'eternità!”, bisbigliò facendo scorrere la sedia e
accendendo la console con un guizzo del braccio. Mentre Sara e i suoi
amichetti se la spassavano in piscina lui doveva continuare a
lavorare sullo sparatutto. La volta scorsa si era liberato di quel
fastidioso cecchino e aveva completato il livello raggiungendo
l'elicottero che lo attendeva al punto di raccolta. Ora assieme a due
commilitoni comandati dalla CPU si librava in volo sulle macerie
fumanti e atterrava su una portaerei al largo di un'isola.
Salvò
subito all'inizio del nuovo livello e svuotò il caricatore sui
compagni che lo precedevano. Sentì un brivido perverso nel vederli
accasciarsi ai suoi piedi. Game Over,
aveva perso. Non poteva ucciderli. In quella missione non era
tollerato fuoco amico. Ricominciò la partita. Cambiò arma: ripose
il mitra e prese il coltello. Si avventò sugli alleati e li finì
con svariate pugnalate alla schiena. Ancora da capo. Dopo qualche
passo lanciò una granata uccidendo i soliti due e facendosi saltare
la testa. Di nuovo Game over; Vuoi giocare ancora?:
SI/NO... SI.
“Fiigooo!”,
sussurrava sorridendo. Sempre la stessa storia. Uccideva i compagni
provando tutto l'arsenale a disposizione o si buttava in mare e
annegava. La cosa sembrava non stancarlo mai e divertirlo ogni volta.
Andò avanti così per un'ora buona, finché dall'altro monitor
qualcuno non lo chiamò ancora su Skype.
“Marco...
che cacchio vuole adesso?”, bofonchiò con disprezzo raccogliendo
un trancio di pizza da un cartone sulla moquette.
Accanto
all'icona di Super Mario
la scritta: “Vieni domani al poligono? E' un pezzo che non ci si
vede... hanno messo le nuove linee di tiro a cento metri, che figata!
Dai, ti sfido!”
“Fanculo”,
sbottò Andrea chiudendo l'applicazione e mettendo a tutto schermo il
gioco dei Sims, con la
piscina tristemente gremita di gente e nessun'altra attività.
“Ciao
ciao Marco”, salutò Andrea puntando col dito una testa mora
nell'angolo della piscina.
“Bene,
adesso torniamo alla guerra, se no non faccio in tempo a finirlo”.
Si alzò di scatto, andò all'armadio e prese dalla custodia la sua
carabina calibro ventidue. Inserì il caricatore da cinque colpi e
spinse l'otturatore a fine corsa. Stava per aprire la porta quando il
campanello lo colse in contropiede.
Sara lo guardava
perplessa. “Il poligono non è chiuso a quest'ora?”
Andrea non capiva.
Seguì lo sguardo di lei sull'arma. Balbettò qualcosa.
“Dove
vai? Disturbo per caso?”, gli chiese esitante.
Andrea sgranò gli
occhi. Guardava il fucile che reggeva nella mano destra come fosse
una cosa sconosciuta.
“Ehi...
ci sei?”, scherzò Sara agitandogli una mano davanti al viso.
“Devo
finire il videogioco... stavo andando a finire...”, sussurrò
Andrea. Gli sembrava che quelle parole non venissero da lui. Come un
lampo colse un bagliore di paura negli occhi di Sara e di colpo si
sentì svuotato. Poi fu tutto chiaro.
“Ciao,
scusa, entra pure”, disse Andrea con voce squillante, “stavo
pulendo la carabina. E' molto che non la uso, Marco mi ha chiesto se
vado al poligono e così la pulivo. Vieni vieni, prego!”
Fece strada dal
cortissimo corridoio fino in camera. Un po' imbarazzato accese la
luce.
“Ehm...
siediti sul letto... fa come fossi a casa tua”, disse sforzandosi
di nascondere l'imbarazzo.
Sara si destreggiò
a fatica tra i libri, le risme di fogli e i pezzi smangiucchiati di
pizza.
“Casa
mia è un po' meno in disordine, per fortuna!”, sorrise Sara, “se
riduco la mia stanza così mia madre mi strangola!”
“Scusa...
è un disastro... sono un po' incasinato ultimamente...”, disse
Andrea sedendosi accanto a lei.
“Molto
lavoro?”
“Esatto”,
fece Andrea, “devo testare due videogiochi per la fine del mese e
sono ancora in alto mare... non so se ce la faccio...”
“Quali
sono?”, chiese Sara
“Eccoli”,
disse Andrea indicando i due monitor sulla scrivania.
“Quelli
di guerra non mi piacciono! Quest'altro cos'è?”
“E'
il nuovo The Sims”
“C'è
una riunione in piscina?”, chiese Sara scoppiando a ridere, “che
cacchio combini??”
“No...”,
abbozzò Andrea, “faccio delle prove, sai... devo scoprire
possibili bug, devo ricreare anche situazioni assurde...”
“Sì,
ho visto!”, fece Sara. “Ah... ha detto Alex che ieri ti ha
sgamato al cinema. E' passato con la macchina, ti ha salutato, ma tu
non l'hai riconosciuto. Cosa andavi a vedere?”
“Si
è sbagliato, non ero io. Questa settimana sono stato sempre a casa a
giocare... a lavorare cioè...”, sorrise Andrea.
“Hai
poi giocato col dvd che hai preso da me quella volta?”, chiese
Sara.
“No,
ancora non ho avuto tempo...”
“Per
poco non lo lasciavi in negozio, ti ricordi?”, ammiccò la ragazza.
“Si,
che cretino...”, sorrise Andrea.
“Capita
dai... ah... visto che non eri tu... ti andrebbe di andare al cinema
sabato?”, buttò lì Sara
“A
vedere cosa?”
“Pensavo
a Biancaneve e il cacciatore
ma se no vediamo lì per lì, se non ti piace...”
“No,
va bene. Ok, allora, vada per sabato!”, disse Andrea.
Doveva
rimettersi all'opera. La pausa era finita. Il tempo stringeva,
mancavano due giorni. Aveva finito la relazione su The
Sims, rimaneva Call of
Duty. Si alzò di scatto dal
letto e prese la carabina dall'armadio. Uscì di casa. Il cielo era
plumbeo, la strada deserta all'imbrunire. Il suo vicino, uno scapolo
sulla cinquantina basso e tracagnotto, attraversava il giardino col
barboncino al guinzaglio per il solito giretto serale.
“Ciao
Andrea”, lo apostrofò passandogli accanto sul marciapiede. Il
giovane imbracciò il fucile senza profferire parola e lo puntò
sulla faccia dell'uomo, mentre il cagnolino faceva un chiasso del
diavolo. Si svegliò di soprassalto, per poco non cadde dalla sdraio.
“Ehi...
tutto bene?... Hai avuto un incubo...”, Sara gli sorrideva stesa su
un lettino. Il bikini fucsia esaltava la splendida carnagione dorata,
era davvero sensuale.
Andrea guardava
ansimando il placido mare turchino. Si abbandonò all'indietro sulla
sdraio, chiuse gli occhi e si lasciò investire dal sole.
Sara gli passò
teneramente una mano fra i capelli. “...Passato?”, gli chiese.
“Ho
sognato che sparavo al mio vicino... ero andato fuori di testa”,
fece Andrea.
“Per
quel videogioco”, pensò. E si ricordò di quella volta. Di come
forse l'avesse salvato proprio Sara. Il cielo era terso, un gabbiano
garrì passando sulle loro teste.
“Hai
fatto bene, è davvero antipatico quel ciccione! Tutte le volte che
venivo da te non salutava mai, mi guardava sempre storto. E quel
suo... topo-pecora ringhiava sempre quando provavo a accarezzarlo...
è proprio vero... i padroni assomigliano ai loro cani!”, sorrise
Sara.
“Era
invidioso che avessi una ragazza così bella!”, esclamò Andrea
scoccandole un bacio sulla guancia. Sara rise forte.
“Hai
avuto davvero una splendida idea, sai!”, disse Andrea, “mi ci
voleva proprio questa vacanza. Avevo bisogno di staccare. Ero messo
male. Per fortuna alla fine sono riuscito a finire il lavoro su quei
due giochi, temevo proprio di non farcela!”
“Si,
ma adesso non ti voglio più sentir parlare di quella roba. Adesso
solo due settimane di completo relax. Solo io, te e il mare. Basta
computer, console, internet, cellulare e cazzate simili... basta!”,
disse Sara buttandogli le braccia al collo.
“Eggià!”,
sorrise Andrea baciandola leggero sulle labbra. “Basta!”, prese
il cellulare dallo zaino ai piedi della sdraio e lo scaraventò
all'orizzonte. Un piccolissimo sbuffo bianco increspò le onde
calmissime.
“E
dai, ma sei scemo!”, rise Sara dandogli un buffetto sulla fronte.
“Si,
sono fuori di testa, lo sai...”, urlò prendendola in braccio con
foga e precipitandosi a riva sulla sabbia cocente.
Bellissimo!!! :-)
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Cate
Ciao Cate!!! Fortuna te: sei la PRIMA nonchè l'UNICA ad aver inserito un commento: grazie mille!!! Sono contento ti sia piaciuto... adesso è un periodo di magra quanto ad ispirazione...; almeno ho dei concorsi in scadenza, il soggetto a cui pensare me lo danno loro, ma da qualche giorno è il buio creativo... :-)
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