La testa d'aquila bucava sghignazzante le nubi vaporose, calzando il
logoro berretto da aviatore e reggendo nel becco l'elica gialla e
rossa. Dietro il piccolo parabrezza il vecchio esploratore si godeva
il vento in faccia, coi lunghi baffi che svolazzavano all'impazzata.
Ripensava a quella storia e sognava di chiudere in bellezza la sua
carriera. Il cielo era terso e il biplano vibrava vigorosamente,
sobbalzando di tanto in tanto. Gliene aveva parlato un indigeno delle
isole Andamane, una notte durante la stagione secca, mentre
aspettavano che il varano si cuocesse sullo spiedo. Lì per lì non
ci aveva dato peso, finché non aveva sognato di camminare
all'indietro vestito come un re, con una cascata di gioielli che lo
andavano ricoprendo dai piedi in su.
Eccolo!
L'atollo si stagliava come una goccia grigia nell'oceano turchino.
Sembrava un otto
disteso orizzontalmente, macchiato qua e là di lussureggiante
vegetazione e cristallini specchi d'acqua. Lo
vide mentre planava e atterrò fortunosamente su una radura ad una
cinquantina di metri. Gli si avvicinò agitando lentamente le
braccia. Il bambino continuava a camminare in cerchio all'indietro,
senza prestargli la minima attenzione. Man mano che si avvicinava
notava i tatuaggi bianchi e farinosi sulla pelle d'ebano, gli occhi
scurissimi e profondi, i capelli ricci e crespi.
“Ciao”,
l'esploratore sorridendo gli posò una mano sulla spalla.
Di colpo il ragazzino si fermò e lo fissò esterrefatto e
terrorizzato. Il volto di fanciullo si trasfigurò in quello di un
centenario decrepito. Si levò un vento terribile, che divenne subito
tempesta. La terra iniziò a tremare sempre più forte. Un muro
gigantesco di polvere e fuoco avanzava dall'orizzonte divorando ogni
cosa.
Nessun commento:
Posta un commento