mercoledì 26 dicembre 2012

Dimenticanze

Avete presente l'attimo che vi fa trasalire? Come lo schiocco di una frusta o il gavettone del primo agosto mentre ronfate sulla sdraio?
Quell'attimo per me furono i suoi riccioli rossi e il guizzo furbo dei suoi incantevoli occhi celesti.

La sala lettura era deserta come al solito. Mi voltai verso gli scaffali, per quanto permetteva il torcicollo ormai perenne, e mi saltò agli occhi una sfilza di titoli del tipo “L'amore..., Ti amo, La seduzione...”, e simili.
Non c'è niente di più potente di un ricordo che riaffiora all'improvviso. Pensai a Proust e alla sua madeleine, a quel senso di meraviglia travolgente, l'immaginazione che galoppa fra castelli su laghi autunnali, mari verdi di boschi sconfinati, nuvole candide in un azzurro surreale.
Ricordai il bianco splendente della fiancata, senza scritte. Sonnecchiavo guardando fuori dal finestrino, vagamente annoiato. Ero in gita scolastica, ma chissà dove.
La ruota enorme del suo pullman che iniziava a girare, il sorriso di Viggia riflesso nel finestrino, e poi lei!
Non vedo più tanto chiaro se mi volto indietro a quelle profondità. Non è questione di memoria, quella è ancora buona; penso si tratti più di mentalità, di atteggiamento. Di cuore forse. Era un'altra vita. Non si cresce in linea retta, o come la puntina che segue il solco sul vinile. Ti svegli di botto e sei maturato. Un battito di ciglia: nasci a otto anni, scorrazzando in bici sul ballatoio sotto casa, un secondo dopo stai zufolando Bach con l'himalaya, all'esame di terza media; l'indomani la maturità classica... e via! vorticando nel turbine degli studi universitari sofferti e degli amori sconclusionati, fino all'istante in cui scrivi a penna su un logoro block notes, nella biblioteca del tuo paese, in un uggioso pomeriggio dicembrino.
Tante piccole esistenze in fila, ognuna scalza la precedente. Scelte, biforcazioni, vite alternative abortite. Fossati invasi dai rovi, brandelli di se e di ma tra grovigli di spine. Il congiuntivo imperfetto è molto più sensuale dell'indicativo presente, molto più allettante.
Beate le particelle quantistiche, che possono essere in due posti contemporaneamente! Il gattino di Schroedinger rincorre giocando un gomitolone rosso e lappa beato una ciotola traboccante di latte!
Ormai la frittata era fatta e non riuscivo più a concentrarmi sul racconto che stavo scrivendo.

Una folgorazione: fece la faccia di chi si ricorda qualcosa all'improvviso, come quando viene un'idea brillantissima e ci si illumina tutti. E mi indicò dal finestrino, come a dire: “ecco, sì, sei proprio tu il ragazzo che fa al caso mio!”. Io e Viggiani ci guardammo perplessi.
La fissavo e lei continuava ad additarmi, raggiante e in rapido allontanamento.
Autista, parti, svelto! Inseguiamola!. Ma la nostra corriera non aveva neanche il motore acceso. La vidi presto scomparire al primo incrocio, svoltò a destra col semaforo già verde.

Portatile, block notes, penna, libro: cacciai tutto alla rinfusa nello zaino, volai per due rampe di scale e sgommai verso casa. Missione impossibile: rintracciarla su facebook dopo quasi un quarto di secolo. Su internet ormai si trova chiunque con una facilità impressionante, con parole chiave che farebbero scompisciare Topo Gigio!

“Cosa c'è?”, mi chiede alzando lo sguardo dal libro che sta leggendo, stesa sul divano.
Le sorrido e continuo a osservarla. Indossa occhiali dall'elegante montatura bianca. Dietro le lenti sottili l'azzurro dei suoi occhi è sempre intenso, come quella volta che la guardavo allontanarsi, come il mare calmo oltre quel parcheggio.
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?”, le mormoro.
Mi sorride, chiude il libro e lo appoggia sul tavolino in vetro; mi rifa la stessa espressione “I Want You”, alla Zio Sam, avvicinandosi sbarazzina, e mi getta le braccia al collo. Fuori dalla finestra il prato all'inglese freme sotto una leggera brezza, baciato dal sole. Secchielli e macchinine sono di nuovo disseminati vicino alla casetta in legno, dove Fido dorme beato. Chiudo gli occhi mentre affondo la mano nei ricci vaporosi, aspettando il contatto sublime con le sue labbra...
Sì... tutto questo forse in un universo parallelo, a proposito di particelle quantistiche... Il futuro del me stesso che sta scrivendo questo racconto ha preso tutt'altra direzione. Ecco come andò.

Il monitor era passato in stand-by, e io lo fissavo, il mento appoggiato sulle mani a coppa. Vabbeh, era stupido avvilirsi. Cosa speravo? D'accordo sull'onnipresenza della Rete che tutto permea e ingloba, ma non sapevo né il nome, né il cognome, né la località, né l'anno, né un cavolo di scritta per risalire alla società dei pullman, boh, una targa... cosa potevo cercare: “ragazza riccia rossa occhi azzurri pullman gita ginnasio”?!
Era troppo anche per Internet. Non c'era social network che tenesse. Anzi, rasentavo la follia.
D'improvviso scattai come quella volta al finestrino e anche io mi illuminai per un'idea.
Scorrevo freneticamente la rubrica. Chissà se avevo il numero. Dopo il liceo ci eravamo persi, era passata una vita. Una di quelle mini-vite che ci fanno avanzare a piccoli passi verso la saggezza. Sì, ce l'avevo! Sul display una freccia lampeggiava in direzione di “Viggiani”.
“Ciao Viggia...”, qualche convenevole d'obbligo, finché: “ Ti ricordi per caso quella ragazza che ci indicava dall'altro pullman, in gita, al liceo? Al ginnasio forse... ci ripensavo: che eravamo fermi nel parcheggio e lei ci ha indicato... non è che ti ricordi un particolare, la targa del pullman, di che scuola era, boh... è assurdo lo so, ma giusto così... provo a ravanare su facebook... dove eravamo poi?”
Silenzio, solo un lieve fruscio.
“A Taormina, in quarta ginnasio”. La risposta rimase come sospesa.
Di nuovo silenzio. Iniziava a salirmi un po' di imbarazzo. Sentii Viggia sorridere.
“Ma fai davvero?”, mi disse.
Cazzo. Sbarrai gli occhi. Non era possibile. Che figura! Ritiro tutto quello che ho detto sulla memoria: alla soglia dei quaranta inizia a fare cilecca. Era sua moglie. La ragazza rossa.
“Te la passo?”, adesso Viggia rideva sguaiatamente.
“No, no, dai...”, ridevamo come due cretini. Io di sicuro più cretino di lui.

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