mercoledì 21 novembre 2012

L'isola dei sogni


Il vecchio scrutava i flutti alitandosi sulle mani e stringendosi al collo il bavero della blusa. Nella notte senza luna il mare e il cielo si confondevano in un amalgama plumbeo. Qualche raffica di vento sollevava mulinelli di foglie secche, sulla banchina deserta.
Intravvide un movimento nella foschia: era una polena. Una sagoma imponente si stagliò all'improvviso di fronte a lui. Il bianco teschio della bandiera spiccava nell'oscurità. Il veliero entrò in porto beccheggiando e rollando.
“Sei tu Dalton?”
“Voi dovete essere il capitano Silver...”
“In carne e ossa, per tutta l'ambra dei capodogli!”
L'equipaggio saltò giù rumoreggiando, chi ridendo sguaiatamente, chi inciampando e imprecando.
“Jack Silver al vostro servizio signore!”, esclamò il filibustiere levandosi il tricorno.
“Che ne dite di accomodarci nella locanda, al coperto si parla meglio, non credete?”, disse Dalton.
“Con questo tempo da lupi due o tre bottiglie di grog ci vogliono proprio, eh ciurma?”, tuonò il capitano.
“Yeahhh!!!”, gridò in coro l'equipaggio.
Silver indugiò qualche istante sulla porta, sotto gli sguardi stupiti o atterriti delle facce da forca che affollavano il locale. Due sirene con un boccale di birra schiumante ammiccavano dall'insegna che cigolava al vento.
Il nero corpulento che chiudeva la processione estrasse la rivoltella e con gran fracasso spazzò via una delle sensuali pescioline.
“Attenti a voi, branco di manigoldi! Non voglio casini: il primo che fa un'altra porcheria del genere gli taglio un braccio!”, sbraitò Silver impugnando la scimitarra che gli pendeva dalla fusciacca. Scelto un tavolo appartato, alla fioca luce di una candela, il vecchio aspettava di iniziare il discorso. Il fumo si tagliava col coltello. Il capitano gli sedeva di fronte. La zazzera bionda incolta e unta faceva tutt'uno con la barba, raccolta in una treccia che arrivava al petto. Una cicatrice biancastra campeggiava sulla guancia, cimelio di tanti arrembaggi e di innumerevoli zuffe.
L'uccisore di sirene alla sua destra si chiamava Gordon. Aveva la barba corta, tagliata alla nazarena, un anello d'oro all'orecchio e gli occhi come due fessure; giocherellava intagliando il tavolo con un serramanico.
Veniva poi il medico di bordo, che perlopiù segava ossa e stordiva i malcapitati con rum e oppiacei. Taylor si chiamava e sembrava il più giovane: sulla trentina, occhio e croce, palliduccio ed emaciato ma con uno sguardo glaciale dietro le spesse lenti. Era l'unico del gruppo a rimanere perfettamente immobile.
Per finire c'erano i fratelli Johnson, identici nell'aspetto e nella stupidità, a sentire il capitano. Grandi e grossi quanto Silver, bevevano all'unisono dai calici sbeccati, impregnando di spuma i mustacchi castani. Nelle menomazioni non erano gemelli: all'uno mancava un occhio e all'altro una mano. Anche se quell'uncino, aveva assicurato Silver, aveva sbudellato più di un ufficiale.
Dopo diverse occhiate furtive per il locale, Dalton dispiegò sul tavolo una pergamena su cui era disegnata una mappa.
“Vi ho convocato per la vostra fama, capitano Silver, vostra e del vostro equipaggio”, disse il vecchio soffermando lo sguardo su ognuno. Gordon fece scattare il serramanico abbozzando un sorriso malizioso, i gemelli appoggiarono rumorosamente i bicchieri di terracotta e ruttarono in coro. Il dottore non fece una piega.
“Ho pochi marinai, ma sono i migliori al mondo; veniamo al sodo adesso”, tagliò corto Silver. “Io e i miei uomini obbediamo a una sola legge. Ce l'hai la grana?”
Dalton prese un sacchetto di iuta da una tasca interna e glielo porse.
Il capitano allentò delicatamente il legaccio e quando sbirciò dentro si illuminò in viso.
“Bene, oro sonante ciurma!”, annunciò facendolo tintinnare.
“Devo arrivare qui”, disse Dalton puntando il dito sul foglio.
“E' dopo lo Stretto delle Orche; nessuno sa cosa c'è laggiù e nessuno è mai tornato per raccontarlo!”, sussultò Gordon piantandoci con foga il coltello.
“Che c'è, hai forse paura Gordon?”, intimò Silver, “Ricordi quando hai ucciso a mani nude dodici indigeni armati di lance, nel Borneo meridionale? O quando hai scavato il terzo occhio a quel generale di marina... ti eri pure scolato tre bottiglie di acquavite, eh?”
Gordon sorrise e accarezzò la rivoltella infilata nei calzoni.
“Non voglio codardi nella mia ciurma, intesi?!”, continuò poi squadrando i suoi uomini, “allora canaglie, non basta quest'oro a darvi coraggio?”
“Siiiii !!!”, vociarono tutti assieme alzando i calici.
“Osteee !!! Un altro giro di birra per tutti!”, berciò Silver battendo così forte i pugni sul tavolo che per poco non lo ribaltava, “ e anche un giro di rum!”. Poi fissò Dalton negli occhi e sussurrò:”Chi ti ha dato questa mappa?”
“Non vi riguarda. Se non volete accettare siete libero di andarvene, mi riprendo l'oro e ognuno per la sua strada”
“Non ti scaldare vecchio. Per quest'oro Silver e la sua ciurma ti portano anche sulla luna!”


Dal diario di bordo di Samuel Dalton:

17 Aprile, anno di grazia 1664

Stamane all'alba siamo salpati alla volta dello Stretto delle Orche. Dovremmo giungervi in due settimane circa, se il vento si mantiene favorevole. Nella stiva ci sono cibo e bevande per un mese. Non sappiamo cosa ci aspetta oltre quel funesto tratto d'oceano, né quanto mare resti poi da solcare fino alla meta, ammesso che vi arriveremo. Confidiamo nella Provvidenza.

12 Maggio, anno di grazia1664

Abbiamo superato lo Stretto delle Orche, grazie a Dio! Un vero inferno in terra! Navighiamo da due giorni in direzione sud-ovest. I viveri cominciano a scarseggiare. Abbiamo perso William, il gemello guercio, divorato da un mostro marino (suo fratello Peter ci ha rimesso una gamba nello scontro). Gordon è caduto vittima di un sortilegio: tramutato in spettro vaga ora su un vascello fantasma. Prego che il Signore ci conduca sani e salvi a destinazione.

10 Giugno, anno di grazia 1664

Verso mezzogiorno dalla coffa il dottor Taylor, improvvisatosi marinaio, ha gridato tre volte “Teerraaa!”; nella foga gli è sfuggito di mano il cannocchiale d'ottone e si è frantumato sul ponte. Che immensa gioia, che incredibile sollievo!!! A giudicare dalla descrizione che ne ha fornito mio fratello, sembra trattarsi proprio dell'isola verso cui eravamo diretti!

Dalle Memorie del capitano Jack Silver:

13 Agosto, anno di grazia 1684

Non avrei mai pensato di vedere la mia barba imbiancata; un privilegio per pochi in questo mestiere. Credo sia merito di quest'isola. Anche Taylor e Peter stanno benissimo, in vent'anni pare non siano invecchiati di un giorno.
Dalton mi ha confidato che la mappa da lui stesso disegnata era apparsa in sogno al fratello morente. Beh, è quasi logico...
Il vecchio è spirato felice l'anno scorso, con più di cento primavere sul groppone. Abbiamo affidato il suo corpo alle onde, come si conviene a un uomo di mare.
Questo è il luogo dei sogni. Prima non sognavo. Non tutti sognano, molti al risveglio non ricordano quasi nulla, qualcuno a volte è tormentato dagli incubi.
Qui si sogna ogni notte, sempre e solo quello che si desidera. Ci raccontiamo spesso cosa sogniamo, io, Peter e Taylor. Sogniamo di far l'amore con le sirene, con fanciulle dalla pelle d'ebano, in paradisi tropicali o in bettole malfamate; e fiumi di birra e di acquavite, e poi risate, risse, saccheggi, e dormite favolose sotto cieli stellati. Vent'anni così ti rendono un padreterno! Che io sia dannato se questo non è il paradiso, per mille spingarde!”

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