martedì 4 settembre 2012

L'UNICO CANE CHE ABBAIAVA

Era appena spuntato il sole nello sperduto villaggio della Cordigliera Andina, ma la campagna pullulava già di camion, furgoni e automobili scassate. Tutte le maggiori troupe televisive e i freelance più scapestrati erano accorsi in cerca del Pulitzer. Una folla di curiosi si era riversata dalle baracche negli orti antistanti, qualche capra fuggiva infastidita. Mano a mano le star facevano capolino qua e là. Chi correndo, chi trascinandosi, andavano formando una moltitudine dalle taglie e dai colori più disparati: ci potevi scovare un San Bernardo in miniatura, un volpino travestito da Dobermann, un Dalmata più simile ad una mucca pezzata o l'immancabile Labrador della pubblicità con un che di tarocco. La foresta di microfoni, antenne e macchine fotografiche fremeva per individuare quale fosse tra loro. La giornata trascorse nel silenzio. I cani non avevano mai fiatato. Un cameraman bofonchiava sottovoce. Volò qualche mozzicone e qualche starnuto. La tensione era palpabile. D'un tratto uno spinone acciambellato sotto un ontano scattò in piedi e abbaiò candidamente, gettando la folla nello scompiglio. Tutti gli occhi e le orecchie, umani ed elettronici, scandagliavano frenetici i paraggi. Sopra le loro teste comparve un ovale nero vorticante. Un sasso ci volò dentro e ne fu inghiottito, risuonarono uno schiaffo e un acuto frignare. Finalmente il portale vomitò qualcosa. Tutti si accalcarono attorno a quella che sembrava una grossa pietra grigia levigata che iniziò a scuotersi e a fremere. Due puntini gialli si accesero ad un'estremità, sbucarono tentacoli e una lunga coda biforcuta. La creatura dispiegò due larghe ali e librandosi verso la luna piena lanciò un grido lancinante, smarrita in un mondo che non era il suo.

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